«Gli agenti segreti non potranno più lavorare per i pm» 

da Il Corriere della sera del 26.11.99

ROMA - Gli agenti dei servizi segreti non potranno più «lavorare» direttamente con i pubblici ministeri, né mettere a disposizione della polizia giudiziaria cimici, microspie o altra strumentazione nel corso delle indagini della magistratura. Uno stop secco a una «prassi stratificata», che negli ultimi anni è cresciuta in modo incontrollato (e ha riguardato molti processi delicati, da quelli sulle stragi di mafia, al processo di piazza Fontana, al clamoroso caso dell'omicidio di Marta Russo, quando il Sisde fornì la telecamera segreta che registrò la «confessione- choc» del teste chiave Gabriella Alletto), è venuto ieri dal Comitato di controllo sui servizi segreti, con una relazione - approvata all'unanimità - trasmessa al Parlamento dopo il visto di Palazzo Chigi. 
Anche se non si tratta di una decisione che ha forza di legge, è evidente che un indirizzo politico così rilevante imporrà un altrettanto deciso cambiamento di indirizzo pratico. I direttori di Sismi, Sisde e Cesis sono stati invitati dal Comitato di controllo a rifiutare una collaborazione diretta con i pm e a riferire al governo. La presa di posizione del Comitato parlamentare inoltre potrebbe innescare una reazione a catena sui processi istruiti con l'aiuto degli 007. Non è difficile immaginare che gli avvocati degli imputati a questo punto eccepiranno la nullità delle prove raccolte con il supporto tecnico dei servizi segreti. 
«Esiste una situazione di vuoto normativo che impedisce - ha spiegato Franco Frattini (Fi), presidente del Comitato - di considerare legittime le attività dei servizi che prestino collaborazione nelle indagini dell'autorità giudiziaria». Ed è una conclusione che fissa un principio in qualche modo vincolante: «Noi - ha aggiunto ancora Frattini - indichiamo la via della correttezza, non credo vi sia spazio discrezionale per il governo, che, di buon grado o meno, deve recepire queste regole». E dunque, «se in futuro i servizi continuassero a prestare supporto tecnico alla polizia giudiziaria, vi sarebbe una vera e propria deviazione dalle regole». Insomma d'ora in poi, ha puntualizzato il ds Salvatore Senese, «se un direttore o un alto dirigente dei servizi ricevesse una richiesta da parte dei magistrati, dovrebbe declinarla con la massima cortesia, informando il governo». 
Senese ha ammesso che la decisione del Comitato potrebbe rischiare di travolgere le indagini in corso: si tratta - ha detto - di «questione apertissima», e però - ha puntualizzato Frattini - «noi non possiamo preoccuparci delle conseguenze sui processi in merito alla utilizzabilità delle prove raccolte in questa maniera. Spetterà alla magistratura stabilirlo caso per caso». Il punto, ha aggiunto il presidente del Comitato di controllo, è che «i servizi non possono continuare a tenere la strumentazione, magari tecnologicamente sofisticata, per metterla a disposizione delle indagini dei pm, ma occorre potenziare direttamente le dotazioni della polizia giudiziaria». 
Frattini, peraltro, ha fatto osservare che l'uso dei servizi da parte dell'autorità giudiziaria «negli ultimi mesi si sta restringendo notevolmente». Stando alla relazione, infatti, da maggio a oggi sono stati effettuati 49 interventi di supporto, a fronte di 53 interventi nei primi quattro mesi del 1999. Nei due anni precedenti, invece, solo il Sisde aveva prestato 337 «interventi». 
M. A. Calabrò,