Scontro sul «contributivo» proposto dalle Casse 

da Il Sole 24 ore del 26.10.99

ROMA — Confronto serrato sulle «ricongiunzioni impossibili»: mentre proseguono le audizioni presso la commissione parlamentare di vigilanza sugli enti previdenziali, il Comitato previdenza professionisti (in sigla Ring) contesta le soluzioni ipotizzate dalle Casse per garantire comunque un trattamento anche a chi non ha un’anzianità sufficiente in nessuna gestione.

Domani l’Adepp, associazione degli enti di previdenza privatizzati, esporrà la sua posizione ai parlamentari. Come riportato sul Sole-24 Ore del 15 ottobre, le Casse sono disponibili a una «totalizzazione» dei contributi che dia diritto a un trattamento di pensione calcolato con il metodo contributivo. Questo perché, come spiega Alberto Meconcelli, presidente della Cassa dei dottori commercialisti, «la Corte costituzionale ha invitato il legislatore a provvedere in una materia non disciplinata». Non si tratta, secondo Meconcelli, di dare un’interpretazione valida anche per il passato (quindi «di applicare a ogni caso la disciplina in vigore nell’ordinamento di appartenenza») ma di «introdurre un istituto nuovo e generale, facendo nascere il diritto a una prestazione prima inesistente». Questa prestazione «non potrà essere erogata se non in conformità con i principi della riforma del ’95» e quindi con il sistema contributivo.

A sostegno di questa tesi giuridica le casse portano anche considerazioni economiche: «Una totalizzazione realizzata attraverso un meccanismo pro rata di tipo retributivo — argomenta Meconcelli — sarebbe assolutamente insostenibile per gli enti aderenti all’Adepp». E potrebbe anche produrre, secondo le Casse, «un regime di ingiustificato favore per chi fruirà del beneficio del nuovo istituto della totalizzazione. Per esempio, un dottore commercialista, iscritto alla cassa nel 1985, se conseguisse a 65 anni di età la totalizzazione di 15 anni di contribuzione con il sistema retributivo, percepirebbe complessivamente dall’ente 446.250.000 lire, a fronte di 68.698.000 lire di contributi (per una capitalizazzione pari a 115milioni), ipotizzando una vita di 79 anni e l’erogazione di altri cinque anni di reversibilità».

Le considerazioni degli enti sono contestate in toto dall’associazione Ring. Secondo la quale la sentenza della Corte costituzionale 61/99 (che obbliga il legislatore a intervenire) è «additiva di principio e va applicata sia per il futuro sia per tutti i casi non esauriti dal giudicato o dalla prescrizione. Inoltre, la totalizzazione non dà luogo a prestazioni nuove», segnala Anna Campilii, segretario generale Ring. La decisione «è finalizzata a rendere possibile la fruizione delle prestazioni preesistenti, con tutte le loro caratteristiche di tempo in tempo vigenti presso le varie gestioni previdenziali», fa eco il presidente di Ring, Carlo Bottiglieri.

La bocciatura del meccanismo di calcolo contributivo da parte dell’associazione Ring è netta: «È fuori da ogni logica — conclude Campilii — pensare che 30 anni versati nella previdenza forense danno luogo a una pensione su base reddituale, mentre 29 anni, che non raggiungono l’anzianità minima specificamente prevista, danno luogo a una pensione su base contributiva».