Critiche a Caselli: «Oltre a Caponnetto a chi altri aveva fatto leggere gli atti?» 

da Il Corriere della sera del 26.10.99

PALERMO - L'intervista del Corriere della Sera all'ex capo del pool antimafia di Palermo, Antonino Caponnetto, sulla sentenza del processo a Giulio Andreotti, innesca roventi polemiche sul già infuocato fronte politico-giudiziario. Le dichiarazioni del magistrato oggi in pensione («le prove contro Andreotti c'erano. Caselli mandava gli atti del processo per leggerli e per discuterne») rischiano di aprire un nuovo «caso» di fronte al Csm. Da Palazzo dei Marescialli giunge, infatti, la richiesta di un «chiarimento» sulle parole di Caponnetto. Ad avanzarlo è Michele Vietti, consigliere laico del Ccd. Un passo che potrebbe preludere anche all'apertura di un fascicolo nei confronti di Giancarlo Caselli, da parte dell'organo di autogoverno dei magistrati. 
«Tra le tante anomalie del processo Andreotti - afferma Vietti - oggi se ne scopre una nuova: quella per cui Caselli avrebbe mandato a Caponnetto, all'epoca privato cittadino, deposizioni, memorie e copie di atti "quasi in modo anonimo"». Per il consigliere del Csm la notizia «esige un'immediata precisazione, circa tempi e modi della propalazione di atti istruttori e processuali». 
In particolare, secondo Vietti, occorre fare luce sulla vicenda «per evitare che si possano ipotizzare comportamenti non corretti da parte del pubblico ministero. Restiamo in attesa di questi chiarimenti - conclude il consigliere - prima di decidere se assumere iniziative». Antonino Caponnetto nell'intervista aveva sottolineato che quelle carte erano «naturalmente pubbliche». Ma la sua puntualizzazione non sembra convincere gli esponenti del Polo, che sulla vicenda chiedono l'intervento immediato del ministro di Grazia e Giustizia. 
Il presidente dei deputati del Cdu, Mario Tassone, dice di essere «profondamente indignato» per le dichiarazioni di Caponnetto. «Stentiamo a credere che siano vere - afferma - perché in tal caso ci troveremo di fronte alla configurazione di reati gravissimi». Tassone sollecita al Guardasigilli «un urgente accertamento dei fatti per sapere a quale titolo l'ex procuratore della Repubblica di Palermo mandava le carte al dottor Caponnetto». Anche il deputato dei Riformatori Marco Taradash censura l'operato di Caselli («strano costume davvero per un procuratore capo») e lancia alcuni interrogativi: «A chi altri il dottor Caselli ha inviato gli atti del processo per averne l'opinione? Da chi e da quanti e a quale livello è stato formato il pool anti-Andreotti?». 
Secondo Taradash «una risposta sarebbe importante, visti anche gli incarichi ricoperti oggi dal dottore Caselli». In particolare l'esponente dei Riformatori chiede una risposta al ministro della Giustizia «così solerte nel difendere l'indipendenza dei magistrati». 
I deputati di An, Enzo Fragalà e Alberto Simeone, infine, sollecitano l'intervento del Csm e annunciano la presentazione di un'interrogazione al ministro Diliberto «sull'illegittima trasmissione degli atti riguardanti il processo Andreotti». 
A difesa di Gian Carlo Caselli e di Antonino Caponnetto scende, invece, un altro componente del vecchio pool antimafia, Giuseppe Di Lello, oggi parlamentare europeo di Rifondazione comunista: «Credo che si voglia fare a tutti i costi una polemica inutile e pretestuosa. Non capisco dove sta lo scandalo, visto che si tratta di atti pubblici e di uno scambio di opinioni tra due magistrati che si sono occupati a Palermo, sia pure in momenti e con ruoli diversi, della lotta alla mafia». 
Franco Nuccio,