Grasso: non siamo l’armata Brancaleone 

da Il Sole 24 ore del 26.10.99

ROMA — «Denuncerò un magistrato in servizio al Csm, se non lo facessi sarebbe come lasciare una miccia in mano a un bambino». A due giorni dalla sentenza che l’ha assolto dall’accusa di associazione mafiosa, Giulio Andreotti lancia la controffensiva. Niente iniziative contro i pm che lo accusano o contro «i suggeritori politici», ma la decisione — annuncia il senatore in un’intervista a Radio 24 — di «inviare al Csm le carte riguardanti un falso testimone che è anche un magistrato in servizio».

Andreotti non fa nomi. «Non è un uomo delle procure», precisa. E poi aggiunge: «Il nome è nelle carte, con un po’ di pazienza si trova». Ma il "giallo" è presto svelato. Lo stesso senatore, infatti, aveva già rivelato l’identità del «magistrato in servizio» in un’intervista a un quotidiano ieri in edicola. Il «falso testimone» sarebbe Mario Almerighi. E la sua colpa sarebbe quella di aver confermato, il 9 giugno ’97 in aula, i rapporti privilegiati tra Andreotti e il giudice di Cassazione Corrado Carnevale. Secondo Almerighi, infatti, il senatore a vita sarebbe intervenuto per bloccare un provvedimento disciplinare nei suoi confronti del giudice Carnevale. Un intervento poi smentito da altri due testimoni.

In serata la replica di Almerighi: piena conferma delle dichiarazioni rese a Palermo e l’annuncio di una querela per diffamazione contro Andreotti. «Confermo integralmente — ha affermato il magistrato — quanto detto e sono pronto a ribadirlo in qualsiasi altra sede perché si tratta della pura e semplice verità». Almerighi, del resto, dovrà presto tornare a deporre sui rapporti tra Andreotti e Carnevale nel processo a carico dell’ex presidente della prima sezione penale della Cassazione in corso a Palermo.

Nel corso dell’intervista a Radio 24, il sette volte presidente del Consiglio ha anche ribadito di credere alla presenza di un «suggeritore politico», ma ha negato di pensare per questo ruolo a Luciano Violante o al vicecapo della Polizia Gianni De Gennaro. Al presidente della Camera, ha precisato Andreotti, «ho solo un rimprovero da fare: mi fece chiedere se volevo essere ascoltato dalla commissione Antimafia che lui presiedeva e in particolare se volevo essere ascoltato prima o dopo il deposito degli atti. Risposi che preferivo essere ascoltato dopo, per chiarire quello che c’era da chiarire: sto ancora aspettando e per me è un grande rammarico». Tutto il resto, conclude il senatore, «lo archivio nella memoria».

Il capo della Procura di Palermo, Pietro Grasso, intanto, ha provato ieri a rilanciare l’attività dei suoi pm: «Non siamo un’armata brancaleone — ha affermato —, nessuno di noi vuole abbandonare il campo. Anzi, c’è un costante impegno contro la mafia e la criminalità». Gli «attacchi gratuiti» ricevuti in questi giorni, ha precisato il Procuratore, «ci scivolano addosso, il nostro dovere è quello di proseguire sulla nostra strada».

In difesa delle Procure è intervenuto ieri anche il ministro della Giustizia, Oliviero Diliberto: «L’attacco alla magistratura — ha osservato il Guardasigilli nel corso di una visita al carcere di Poggioreale di Napoli — può portare alla subordinazione di quest’ultima al potere esecutivo, mettendo in pericolo l’assetto stesso delle istituzioni nel nostro Paese». Diliberto ha poi ribadito che «l’indipendenza della magistratura è un bene non per i magistrati ma per i cittadini» e ha assicurato che l’approvazione della legge sui pentiti è una «priorità» del Governo. In difesa di giudici e pm si è pronunciato anche il presidente del Senato, Nicola Mancino. Mentre il presidente dell’Anm, Antonio Martone, ha detto di apprezzare «l’invito di Andreotti a non attaccare la magistratura».

Proseguono, intanto, le polemiche tra le forze politiche. Gianfranco Fini ha chiesto di non abbassare la guardia contro la criminalità mafiosa e ha rivolto un appello a tutti i partiti «affinché non vi siano ritardi nell’approvazione in Senato della proroga della legge sul carcere duro per i mafiosi». Il leader di An ha anche invitato Violante «a fare una serena autocritica e poi, eventualmente, a dimettersi». Francesco Cossiga ha annunciato un’interpellanza al ministro Diliberto per chiedere la rimozione dall’incarico di direttore del Dap di Giancarlo Caselli. Mentre il capogruppo dei Ds alla Camera, Fabio Mussi, ha invitato il senatore «a fare i nomi» dei suggeritori politici. E il responsabile giustizia dei Ds, Carlo Leoni, ha definito «gravi e immotivate le critiche a Luciano Violante». Per Casini, infine, «se Andreotti parla di un suggeritore, avrà le sue buone ragioni».

Fabrizio Forquet