Pentiti, dai politici sì alla riforma 

da Il Sole 24 ore del 26.10.99

ROMA — Ridimensionare l’uso dei pentiti. E ridurre il loro numero perchè con i collaboratori di giustizia, secondo il sottosegretario all’Interno Giannicola Sinisi, c’è stato un «eccesso di generosità». Nell’era del dopo assoluzione di Andreotti lo strumento processuale dei collaboratori non è pronto ad andare in soffitta ma risulta ormai urgente un suo ammodernamento: è questa la parola d’ordine tra i politici, dalla maggioranza al Polo fino alla Lega.

Per una riforma veloce della legge — ferma al Senato dalla primavera del ’97, come ci ha rimproverato anche la stampa straniera (Le Figaro) — si è schierato il presidente del Senato, Nicola Mancino: «La legge sui pentiti è matura per un adeguamento, anche rispetto alle esperienze fatte, diciamo indipendentemente dalla sentenza del tribunale di Palermo su Andreotti». Gianfranco Fini ha sottolineato che i pentiti devono essere usati «con la massima cautela» ma ha anche aggiunto che alla revisione della disciplina va accompagnata l’immediata proroga del carcere duro per i mafiosi altrimenti il 1° gennaio Totò Riina uscirà dall’isolamento.

Intanto il disegno di legge di riforma dei pentiti si avvia a un’approvazione al Senato, dopo oltre due anni di dolorosa gestazione. Non senza incognite. Ieri il forzista Marcello Pera ha rilanciato la questione dell’articolo 192, quello sui riscontri incrociati dei pentiti, che è stato stralciato dal Ddl perchè alla radice di un’aspra divisione anche all’interno della maggioranza (Ppi favorevoli alla modifica, Ds contrari). «Mi aspetto che il Ppi mantenga il suo impegno di presentare gli emendamenti all’articolo 192 del Codice — ha detto Pera — così come aveva promesso e più volte annunciato. Se la riforma del 192 fosse avvenuta per tempo, probabilmente Giulio Andreotti non avrebbe mai dovuto passare sette anni di calvario».

Gli ha risposto il responsabile Giustizia del Ppi, Pietro Carotti: «La legislazione sui pentiti ha un’urgenza e una priorità che sarebbero state ritardate dalla trattazione complessiva della materia della valutazione della prova». Da qui lo stralcio della questione che verrà trattata in altra sede. Che il dibattito non sia tra i più tranquilli lo si è capito dall’intervento del responsabile giustizia dei Ds, Carlo Leoni: «Sarebbe inutile e dannoso», ha esordito, toccare ora l’articolo 192. Se lo si modificasse, infatti, verrebbe meno la libertà di valutazione del giudice e proprio i processi all’onore delle cronache «dimostrano che è possibile salvaguardare sia la regola sul valore di prova delle testimonianza incrociate, sia il principio del libero convincimento del giudice». Giulio Maceratini, An, si è subito inserito tra le divisioni della maggioranza: «Sfidiamo la maggioranza a venire in Aula e a votare il provvedimento sui pentiti senza affrontare la questione riguardante l’articolo 192. Vogliamo davvero vedere come voteranno i vari Andreotti o tutti gli altri che ora definiscono non necessaria questa riforma».

Non si tratta dell’unico punto controverso, peraltro. A mettere in dubbio la completezza della riforma ci ha pensato il sottosegretario Sinisi. Per ammettere un aspirante pentito al programma di protezione, secondo l’esponente del Governo, deve essere valutato anche ciò che di nuovo ha da dire e non soltanto, come vorrebbe il Senato, l’importanza delle dichiarazioni che intende fare. «Altrimenti rischiamo di fare il processo ai collaboratori e non con essi» ha aggiunto. Per Sinisi, infine, il numero dei pentiti va ridotto a 300 dagli oltre 1.000 attuali («un’esagerazione») e lo status di pentito non può essere «un vitalizio ma deve essere a tempo». Sulla «rigorosa selezione dei riscontri» ha insistito Giovanni Tinebra, Procuratore di Caltanissetta: «Quando il collaboratore racconta una storia, se trovi riscontri, bene, sennò la butti nel cestino».

Roberta Miraglia