Pentiti, la Procura fa quadrato
da La Repubblica del 26.10.99
PALERMO - In quel "fortino" assediato che è diventata in questi
ultimi due giorni la Procura di Palermo, si fa quadrato intorno ai collaboratori
di giustizia. E' la difesa dei pentiti, anche di quelli del processo Andreotti.
Nonostante l'assoluzione del senatore a vita, nonostante la valanga di
polemiche che si è abbattuta subito dopo sulla gestione dei mafiosi
che collaborano, i magistrati siciliani sostengono che la credibilità
di quei 38 pentiti del processo contro l'ex presidente del Consiglio non
è venuta meno. E' il muro della Procura contro l'attacco violento
ai "testi" dell'accusa.
I magistrati ricordano "che nessuno dei collaboratori è mai
stato incriminato per calunnia", aggiungono che "nessun teste dell'accusa
è mai stato denunciato per falsa testimonianza", spiegano che "le
motivazioni della sentenza chiariranno meglio il significato di quel comma
2 dell'articolo 530".
Dopo il verdetto, qui a Palermo i procuratori in sostanza sono convinti
che i giudici della quinta sezione penale del Tribunale non abbiano "buttato
a mare i pentiti", ma al contrario non abbiano individuato sufficienti
riscontri per arrivare a una condanna dell'imputato. Quindi, pentiti credibili
ma processo senza "prove" per condannare il senatore a vita. E' questa,
in sintesi, l'opinione maturata in queste ultime ore dai capi della Procura
e dai magistrati che hanno sostenuto la pubblica accusa in aula. Niente
inversioni di rotta clamorose, niente dietro front dei giudici intorno
a quei pentiti più volte giudicati credibili in altri dibattimenti
celebrati dalla stessa sezione del Tribunale.
Il giorno dopo al Palazzo di giustizia (sabato c'è stata la
sentenza, domenica il Tribunale era deserto), è stato apparentemente
normale per tutti i protagonisti. Il procuratore aggiunto Guido Lo Forte
è arrivato di buon mattino con la sua scorta. Quaranta minuti dopo,
alle 10, ha aperto la sua stanza anche il sostituto procuratore Roberto
Scarpinato. Circondati subito dai giornalisti, entrambi non hanno voluto
fare dichiarazioni. "Sabato abbiamo subito detto che non parlavamo della
sentenza Andreotti", ha spiegato Guido Lo Forte, "e continuiamo a non parlare
oggi". Circa le voci sulla non presentazione dell'appello contro la sentenza
di assoluzione, non sono filtrate nuove indiscrezioni. In ogni caso i pubblici
ministeri Lo Forte e Scarpinato dovranno aspettare 90 giorni, si dovrà
attendere il deposito della sentenza per prendere una decisione.
Alle 11 del mattino il procuratore capo della Repubblica Piero Grasso
ha convocato - come al solito ogni lunedì - una riunione generale
della Direzione distrettuale, la Procura antimafia. Assemblea con tutti
i magistrati del pool nel pomeriggio, discussione dalle 17 fino a sera.
Prima della riunione, conferenza stampa convocata dal procuratore Grasso.
Il capo del pool ha ribadito ai giornalisti le sue posizioni già
anticipate, ieri, a Repubblica: "Non siamo un'armata Brancaleone e vi assicuro
che nessuno vuole abbandonare il campo". E poi ha aggiunto il procuratore
Grasso: "Nessuna fuga di magistrati da Palermo, è stata solo una
sentenza, noi continuiamo a lavorare come prima".
Negli uffici della quinta sezione penale - il Tribunale che ha assolto
Giulio Andreotti - in mattinata c'è stato un po' di movimento. Il
presidente Francesco Ingargiola come era previsto da mesi si è subito
trasferito al piano di sotto, alla Corte di Appello. Su, in Tribunale,
è rimasto Salvatore Barresi (il giudice a latere anziano del dibattimento
contro il senatore a vita) come presidente facente funzione.
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