Vigna: "Su un politico riscontri impossibili" 

da La Repubblica del 26.10.99

di CLAUDIA FUSANI 
ROMA - "Su questa sentenza è già stato detto molto. Una cosa però ancora non l'ho sentita...".
Quale dottor Vigna?
"È un discorso delicato. E vorrei essere compreso bene. Quando ci si trova ad indagare a un livello politico alto non si possono usare mezzi di prova importanti come intercettazioni, perquisizioni, sequestri. L'attività d' indagine vera e propria è possibile solo dopo che è stata rilasciata l'autorizzazione a procedere delle Camere. Cioè dopo che l'ipotetico, futuro, indagato è stato avvisato".
Sta dicendo che nel caso del senatore Andreotti l'accusa non ha potuto lavorare per trovare i riscontri alle dichiarazioni dei pentiti?
"Io prescindo da questa sentenza. Ricordo che esiste questa impossibilità. Giustamente garantita dalla Costituzione, ma esiste. Ed ecco poi che questo tipo di processi si fondano solo su dichiarazioni...".
Ha taciuto per due giorni. E gli deve essere costato non poco. "Influenza" dice il procuratore antimafia Piero Luigi Vigna. Ieri mattina, tornato nel suo ufficio all' ultimo piano della Direzione nazionale antimafia, ha fatto mente locale e ha tirato giù due appunti. Una scaletta. Toccherà a lui, in serata, essere ospite del salotto di Bruna Vespa con Andreotti, il presidente della Commissione antimafia Ottaviano Del Turco, i giornalisti Giuliano Ferrara e Saverio Lodato. E cercare di fare un po' d'ordine, dal punto di vista dei magistrati, in questi fiumi di parole.
Procuratore, assolto Andreotti, sono finiti sotto inchiesta pm e pentiti. C'è stato un errore in questo processo?
"Il tribunale ha ritenuto che non ci fossero i riscontri alle dichiarazioni dei pentiti. La motivazione ci dirà perché i riscontri, cioè la prova, è mancata, è stata contraddittoria o insufficiente. È sbagliato parlare di errori. È giusto dire che la prova non si è formata in aula così come prevede il nostro ordinamento. Questo va spiegato bene, altrimenti si rischia di non capire più nulla".
Spieghiamolo.
"Nella fase delle indagini preliminari si raccolgono solo elementi di prova. La prova, quella vera, si forma in aula, durante il processo, con il contraddittorio fra le parti. La quinta sezione del Tribunale di Palermo ha ritenuto che, al termine di 250 udienze, quella prova sia mancata. E' una distinzione fondamentale".
Lei avrebbe portato in aula quell'indagine?
"Certo, non ho dubbi. Anche in questo il codice parla chiaro: all'esito delle indagini preliminari il pm procede con la richiesta di rinvio a giudizio oppure di archiviazione ma solo in caso di manifesta infondatezza della notizia di reato. E poi si dimentica sempre che l'ok al processo Andreotti è stato dato non dalla procura di Palermo ma da un gip, un giudice terzo, e anche dal Senato con l'autorizzazione a procedere".
Buscetta, il papà dei pentiti, uno dei 38 sfilati a Palermo, dice: "Oggi non parlerei più dei rapporti della mafia con la politica". 
"Il collaboratore riferisca quello che sa e non si metta a fare il politologo. E comunque che la mafia abbia legami con la politica è pacifico e assodato: al di là degli omicidi, lo ha riconosciuto anche il Parlamento. Nel 1992 sono state introdotte due norme, una nel 416 bis, l'altra il 416 ter: la prima riconosce come finalità della mafia il condizionamento del voto o il procurare a sé o ad altri il voto; la seconda persegue lo scambio elettorale politico-mafioso".
Se fosse già in vigore la nuova legge sui pentiti, il processo avrebbe avuto lo stesso esito? 
"Non ragiono con i se. La nuova legge è fondamentale: stop alle rivelazioni a rate, isolamento del soggetto per i primi sei mesi, i delitti saranno solo terrorismo, mafia e sequestri di persona. Entrerà nel programma speciale solo chi renderà dichiarazioni importanti, per destrutturare il gruppo, svelare depositi di armi, le relazioni internazionali di quel gruppo. Chi riferirà di episodi singoli godrà, a differenza di ora, solo di misure temporanee".
Perché più pentiti possono avere lo stesso avvocato?
"È un problema. Come ho sempre sostenuto". 
Andreotti, Cossiga e altri parlano di un suggeritore politico dietro questo processo. "I magistrati di Palermo, Caselli, Natoli, Lo Forte e Scarpinato non sono mai stati suggeribili né suggestionabili".
Un suo collega, come l'ex pm Di Lello, dice: "Ricostruire l'antimafia".
"Non ricostruire. Bisogna non interferire. Ricordiamoci che ogni discorso che noi facciamo, anche il più nobile, dobbiamo, sempre, prima, cercare di intenderlo con le orecchie della mafia. E tutto quello che viene detto in questi giorni è miele per la mafia. Questo clima può far sentire meno indipendenti i magistrati. Questo mi dà molta tristezza".
Procuratore, in primavera lei però disse che non credeva ad Andreotti con la coppola mentre bacia Riina...
"Era l'atteggiamento doveroso di un magistrato interpellato su un processo in corso. Io credo alle sentenze. E avrei fatto quel processo".