Per
i giudici non è possibile la costituzione di una Spa in assenza
del regolamento
da Il Sole 24 ore del 27.4.99
MILANO — Il riferimento statutario alla nozione di «società
professionale» non è ammissibile, «risolvendosi in un
generico rinvio a un istituto di fatto non ancora introdotto da alcuna
fonte normativa, come tale indeterminato quanto a contenuto». Per
questo il Tribunale di Milano, con decreto 12 dicembre 1998, non ha omologato
le modifiche dell’atto costitutivo di una Spa che miravano a introdurre,
nella denominazione sociale e nella clausola di trasferimento delle azioni,
il riferimento all’oggetto professionale.
Finché non verrà emanato il regolamento previsto dall’articolo
24 della legge 266/97, l’abolizione del divieto a esercitare le professioni
protette in forma societaria è destinata a rimanere sulla carta.
Così non hanno passato il vaglio del Tribunale la denominazione
di «società per l’esercizio della libera professione di ingegneria
industriale e ambientale» e la previsione secondo cui «il trasferimento
delle azioni deve avvenire nel rispetto della normativa sulle società
professionali». Due richiami che non trovano rispondenza, quanto
a contenuto, nella normativa: la nozione di società professionale
— motiva il Tribunale — «non è allo stato delle normativa
vigente ricavabile dall’insieme delle fonti».
In attesa della disciplina, i giudici di Milano "consigliano" di costituire
società di persone. Un orientamento che concorda con la posizione
del Consiglio nazionale del Notariato. Infatti, in una nota dello scorso
anno (protocollo n.1118 del 27 aprile ’98), quando sembrava che il regolamento
fosse in dirittura d’arrivo prima di incappare nelle censure del Consiglio
di Stato, il vertice dei notai raccomandava la «massima prudenza»
e il rifiuto degli atti relativi a società di capitale. «Al
massimo» è possibile costituire società di persone
rispettose dei seguenti princìpi: «personalità nell’esecuzione
della prestazione professionale e suo svolgimento da parte di professionista
abilitato»; «responsabilità professionale del professionista»;
«indipendenza del professionista nello svolgimento della sua attività»;
inderogabilità della responsabilità verso i consumatori,
facoltà di scelta del professionista da parte del cliente e possibilità
di recesso dal mandato.
Peraltro, nell’ambito dell’attività professionale di architetti
e ingegneri, la legge Merloni ter (la n. 410/98) ha introdotto le società
di progettazione, costituite nelle forme delle società di persone
previste dal Codice civile e costituite solo da soci abilitati.
A distanza di oltre un anno e mezzo dall’abolizione del divieto, la
regolamentazione dell’esercizio in forma collettiva delle attività
professionali è ancora impantanata dai veti incrociati, di chi vuole
una decisa liberalizzazione e di chi teme che il capitale faccia venir
meno la personalità delle prestazioni e il rapporto fiduciario con
il cliente. L’ultimo a richiamare l’urgenza di una disciplina è
stato il presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, in occasione dell’incontro
a Palazzo Chigi con le professioni (si veda «Il Sole-24 Ore»
del 16 marzo). Il presidente del Consiglio ha di nuovo prospettato la soluzione
di stralciare la disciplina dalla futura legge delega di riforma complessiva,
segnalando l’ipotesi allo studio di una proposta finalizzata a consentire
un «minimo» apporto di capitale anche da parte di soci non
professionisti.
Maria Carla De Cesari
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