Processo
Marta, scontro fra toghe
da La Stampa del 27.4.99
Giovanni Bianconi
ROMA
"Gabriella Alletto ha detto la verità, con coraggio e senso
di responsabilità", argomentava deciso il difensore della super-testimone
del processo per l'omicidio di Marta Russo. Ma nell'aula della corte d'assise
quasi tutti pensavano ad altro, che proprio col famoso video-choc dell'interrogatorio
della Alletto aveva a che fare. Stampata a tutta pagina sul Giornale c'era
un'intervista del presidente del tribunale di Roma, Luigi Scotti, intitolata:
"Non sapremo mai la verità su Marta Russo". E ancora: "Fermiamo
i magistrati persecutori".
Nel testo il presidente Scotti faceva un paio di affermazioni che non
potevano certo passare inosservate, del tipo: "Quando ho visto in tv gli
interrogatori sono rimasto frastornato. Quel processo è sfuggito
di mano. A tutti. E temo che non sapremo più se la strada imboccata,
sia essa quella dell'innocenza o della colpevolezza degli imputati, è
quella giusta". Frasi condensate in un ragionamento molto più ampio
sullo stato della giustizia in Italia, che adesso - terminata l'arringa
del difensore della Alletto - risuonano nell'aula-bunker del Foro Italico.
E' l'avvocato Oreste Flamminii Minuto, anziano e battagliero rappresentante
della parte civile, a leggerle e a commentare con tono grave: "A tutti
vuol dire a tutti, quindi anche a noi. Ora io non so se a me è sfuggito
di mano il processo, può anche darsi; ma è certo che se le
frasi riportate dal quotidiano sono state pronunciate in quei termini,
al presidente Scotti è sfuggita la capacità di direzione
di un importante ufficio di questo Stato".
Insomma, quella di Scotti sarebbe una nuova interferenza sul processo
in corso, e Flamminii chiede una sospensione delle udienze per poter consultare
i suoi clienti, cioè i genitori di Marta Russo. Un chiaro pretesto
per discutere della presunta interferenza e costringere i giudici, che
di qui a poco più di un mese dovranno emettere la sentenza, a prendere
posizione. Stando alle frasi di Scotti pubblicate dal Giornale , infatti,
il processo sarebbe sfuggito di mano anche a loro.
La corte ascolta le richieste e i pareri (favorevoli alla sospensione
i pm e gli avvocati dell'Alletto, cioè l'accusa contro Scattone
e Ferraro; contrari gli altri difensori), e va in camera di consiglio.
Dopo meno di mezz'ora esce con un'ordinanza breve ma sostanziosa: "Il giudice
è soggetto soltanto alla legge; la corte sta ascoltando con diligenza
ed esaminando con serenità prove e ragioni dell'accusa e della difesa,
tenendo lontano ogni sentimento di avversione e di favore; qualsiasi evento
esterno lascia questo giudice indifferente". La sospensione delle udienze
non ci sarà perché "arrecherebbe pregiudizio alla definizione
del processo", ma il messaggio è arrivato forte e chiaro: ogni illazione
su pressioni e pregiudizi, per il passato e per il futuro, viene negata
e rispedita al mittente. Quelle frasi così nette non sono piaciute
soprattutto ai "togati", il presidente Francesco Amato e il giudice a latere
Giancarlo De Cataldo, stupiti che un giudice di lungo corso come Scotti
potesse aver fatto certe affermazioni.
Dall'aula-bunker l'intervista rimbomba in altre palazzi, a cominciare
dal Consiglio superiore della magistratura dove nessuno si scandalizza
più di tanto, anche se non mancano le critiche al giudice Scotti.
Il quale - assente dall'ufficio, a pochi metri da quello del procuratore
Vecchione che invece convoca d'urgenza i pm del processo, Lasperanza e
Ormanni - nel pomeriggio spedisce ai giornali una lunga e meticolosa precisazione.
Le frasi pubblicate, dice, possono prestarsi a "interpretazioni scorrette
e conseguenze non volute". Guardando il video-interrogatorio, spiega, "come
cittadino mi sento frastornato perché in ognuno può naturalmente
sorgere il dubbio che non si riesca ad afferrare la verità", considerando
che siamo di fronte a un "processo indiziario", e che il rito penale "tende
a raggiungere la verità dialettica, cioè quella che viene
fuori dallo scontro tra accusa e difesa, e non la verità storica".
In ogni caso - aggiunge Scotti, ed è la precisazione più
rilevante - "non intendevo porre in dubbio la capacità della corte
d'assise che fa quello che può nell'adempimento del suoi compiti,
e alla quale va tutta la mia solidarietà per il duro e drammatico
lavoro in un caso tanto difficile". Altri chiarimenti riguardano i pubblici
ministeri "moralizzatori" ("mi riferivo ad alcuni pm", e non è tutta
colpa loro, ma pure della politica), e chissà se la precisazione
basterà ad evitare che sul processo per il delitto dell'università
si abbattano altre polemiche. In due anni non sono mai mancate - basti
ricordare l'intervento dell'ex-presidente del Consiglio Prodi alla Camera,
che di fatto annunciò un'azione disciplinare contro i pm mai avviata
-, e restano in agguato anche ora che s'avvicina il momento più
atteso e decisivo, quello della sentenza.
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