Tra giudici e avvocati scontro sullo sciopero 

da Il Sole 24 ore del 27.2.99

ROMA — Avvocati contro. Contro Governo e Parlamento, che ritardano l’approvazione delle riforme sul «513»; contro i magistrati, che contestano la legittimità dello sciopero e tirano dritto con i difensori d’ufficio; contro gli avvocati che non aderiscono alla protesta o che comunque non condividono le modalità di questa «anomala» astensione dalle udienze in cui è in ballo il «513». Intanto ieri lo sciopero ha fatto un’altra vittima eccellente: per la terza volta è stato rinviato il processo stralcio contro Totò Riina per le autobombe del ’93 a Milano, Roma e Firenze. E molti altri processi sono slittati per lo sciopero in tutta Italia (salvo rare eccezioni), con ricadute pesanti sulla prescrizione. Ricadute che il ministro della Giustizia, Oliviero Diliberto, aveva tentato di prevenire, proponendo, col Ddl tampone sul «513», anche una norma per sospendere la prescrizione durante le astensioni dalle udienze (modificando l’articolo 159 Cpp). Ma gli avvocati non hanno gradito. E così, quella norma è sparita dal testo approvato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri e ora all’esame del Senato. Uno dei tanti prezzi pagati per non guastare il dialogo con gli avvocati, che però non è servito a ottenere una tregua delle ostilità.
Ma fino a quando il Governo continuerà a pazientare? Diliberto sembra avere una pazienza infinita; non altrettanto qualche suo collega di Governo. Non c’è dubbio che la conflittualità esasperata di questi giorni giochi in favore di chi preme per far rientrare anche gli avvocati sotto l’ombrello di una nuova regolamentazione degli scioperi nei servizi pubblici essenziali (tra cui c’è la giustizia): informato o no che sia Diliberto, è un dato di fatto che, a tutt’oggi, la versione più aggiornata della bozza di Ddl per la modifica della legge 146/90 continui a riguardare anche gli avvocati (recependone il Codice di autoregolamentazione, ma ponendolo sotto il controllo della Commissione di garanzia, il cui ruolo è da sempre contestato dagli avvocati). E non è affatto scontato che questo riferimento scompaia nella versione definitiva.
Che a forza di tirare la corda dello sciopero senza regole precise, accettate e rispettate in tutti i tribunali d’Italia, aumenti il rischio di una regolamentazione legislativa delle astensioni dalle udienze è ben chiaro al Consiglio nazionale forense, riunitosi ieri anche per prendere posizione sullo sciopero di questi giorni e su alcuni problemi pratici. Per esempio quello di come devono comportarsi i difensori d’ufficio nominati dagli Ordini locali e stretti tra due fuochi: da un lato i colleghi, preoccupati che la loro sostituzione vanifichi l’effetto della protesta; dall’altro lato i magistrati, che hanno denunciato alcuni penalisti per una sorta di istigazione all’interruzione di pubblico servizio. Con questo problema dovrà fare i conti il Cnf già da giovedì 4 marzo, giorno in cui si svolgerà a Palermo l’udienza del processo Andreotti dopo il rinvio disposto giovedì scorso dal tribunale, su richiesta della Procura, per consentire la nomina dei difensori d’ufficio, in sostituzione di quelli di fiducia in sciopero (per protestare contro questa «intimidazione», il direttivo della Camera penale di Roma, cui aderisce anche uno dei difensori di Andreotti, l’avvocato Coppi, si è autodenunciato alla Procura di Palermo). Ma la riunione del Cnf si è risolta in un nulla di fatto. È prevalsa la linea della cautela, nella speranza che lo sciopero rientri già dalla prossima settimana. Nel frattempo il Cnf, che vuole giocare d’anticipo rispetto a un’eventuale legge sullo sciopero degli avvocati, fa sapere che sta pensando di predisporre un Ddl che istituisca un’Autorità di garanzia sulle astensioni dalle udienze, con poteri sanzionatori.
Donatella Stasio