E
gli avvocati chiedono a Scalfaro la riforma globale
da Il Sole 24 ore del 27.1.99
diAntonio Leonardi*
Il giusto orgoglio e l’euforia che hanno accompagnato la nascita dell’euro,
con la presenza a pieno titolo dell’Italia, stanno cedendo il passo ad
altrettanto giuste (anche se meno euforiche) valutazioni sulla sussistenza
anche in Italia di standard d’efficienza che possano dirsi europei.
Certamente non sono tali quelli del nostro sistema giudiziario. Il modello
di giurisdizione e le regole processuali che applichiamo, le strutture
e le risorse delle quali disponiamo sono tutto tranne che all’altezza degli
altri Paesi europei.
Queste riflessioni sono state al centro dell’incontro che la giunta
dell’Organismo unitario dell’avvocatura ha avuto ieri con il capo dello
Stato. Al Presidente Scalfaro, al quale è stata ribadita la posizione
assunta dall’avvocatura in merito alla sentenza della Corte costituzionale
sull’articolo 513, abbiamo espresso la nostra preoccupazione per lo stato
della giustizia italiana e per il poco incoraggiante dibattito politico
che la circonda. Il legislatore, perennemente schiacciato dalla contingenza,
continua a provocare sommovimenti interni al sistema prescindendo da un’indispensabile
visione d’insieme dell’architettura della giurisdizione civile.
Il trasferimento del contenzioso del “pubblico impiego” dal giudice
amministrativo a quello civile, con l’attribuzione alla giustizia amministrativa
di nuove funzioni esclusive e con la riorganizzazione della giustizia tributaria,
fornisce un buon esempio di questo modus operandi. Nessuno si è
preoccupato di valutare le conseguenze, che appaiono imprevedibili anche
per la contemporaneità degli eventi, di tutte queste misure con
la riforma del giudice unico che a sua volta mette in moto la riorganizzazione
interna delle funzioni e che finirà per innescare una reazione a
catena.
Continuiamo a dire no all’entrata in vigore del giudice unico prima
che siano definite le riforme di accompagnamento. Si aggiunga che allo
stato non appare chiaro quale sarà l’ulteriore impatto delle misure
di depenalizzazione, che con superficialità assai grave vengono
considerate come oggettivamente deflattive, mentre in realtà provocheranno
ancora una volta la migrazione dei conflitti da un giudice all’altro, fenomeno
tipico della stagione degli interventi parziali.
Allo stesso modo preoccupa, per l’ineliminabile conflitto d’interessi
che produce, la possibilità d’iscrizione all’Albo degli avvocati
dei dipendenti pubblici con contratto part time. Così come appare
evidente che la prevista nomina di magistrati onorari compromette seriamente
la terzietà della funzione giurisdizionale.
La risposta alla crisi della giustizia non può essere questa.
E non può essere nemmeno quella della privatizzazione della giustizia
pubblica, recependo dalla dinamica sociale modelli di risoluzione dei conflitti
che garantiscono efficienza ma non forniscono garanzie. Una soluzione di
questo tipo pone problemi di legittimità oltre che di costi. Occorre
trovare un punto di equilibrio tra le esigenze di garanzia e quelle di
efficienza. Sul primo fronte va pensato e costruito rapidamente un modello
generale, governato se possibile da leggi di rilievo costituzionale, che
assicuri che in qualsiasi sede in cui si definisca un conflitto su diritti
e interessi dei cittadini sia assicurato il giudice terzo, indipendente
e imparziale, il rispetto del contraddittorio, l’assistenza e la difesa
tecnica. Tuttavia, la crisi complessiva del sistema processuale appare
tale da rendere urgente un progetto ambizioso: un nuovo impianto codicistico,
sia per la procedura civile che per quella penale.
Riguardo alle esigenze di efficienza è indispensabile adeguare
il numero dei magistrati e provvedere alla riorganizzazione degli uffici
giudiziari in modo da restituire il giudice al suo compito naturale di
giudicare. Appare evidente come nessuna di queste riforme sia attuabile
a “costo zero” e men che meno senza una precisa volontà politica
che attribuisca alla giustizia un ruolo prioritario tra le riforme istituzionali
cui è chiamato il nostro Paese.
*Presidente dell’Organismounitario dell’avvocatura
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