Lungaggini
della giustizia civile e l'avvocato
da La Gazzetta del Sud del 27.1.99
Si badi bene che non intendo insultare nessuno, dando dell’ignorante
a colui che in prima pagina nelle edizioni del 19-1-1999 – sotto il titolo
«Giustizia Civile - Iniziò 1989, rinvio al 2004 (a Milano)»
– ha scritto che «si scopre così una delle cause per le quali
i cittadini evitano il ricorso alla giustizia civile: per non dover pagare
gli avvocati, le cui parcelle, in vertenze di non grande
importanza, finirebbero col costare più del ricavato».
La denunzia della crisi “servizio giustizia” non mi giunge nuova, avendo
in prima persona più volte evidenziato il problema. Dal 1983 l’Avvocatura
ha gridato il disagio e la impossibilità di avere un processo giusto;
si sono susseguite innumerevoli invocazioni al Governo perché cessasse
la situazione di crisi, determinata dalla incapacità dello Stato
a fornire uno dei servizi indispensabili per la tutela dei diritti dei
cittadini. Il tutto è stato “cestinato” dalle autorità competenti,
che ribadiscono «l’Avvocatura crea false problematiche perché
non esistono carenze nell’organico dei magistrati»; da ultimo, all’inaugurazione
dell’anno giudiziario a Messina (11-1-1999) il dott. Gioacchino Natoli
(rappresentante del Csm) in contrasto con i dati forniti dal Procuratore
Generale, dott. Carlo Bellitto, ha affermato che «Messina è
un’isola felice». Sì, felice di
essere rinata dopo la catastrofe tellurica del 28-12-1908, ma non felice
di ascoltare tali asserzioni che appaiono oscene al soggetto - avvocato
– che in prima persona vive la realtà quotidiana in cui l’esercizio
della professione forense è bloccato da sostanze tossiche paralizzanti.
Il cronista dà prova di grande attenzione nel denunziare il problema,
ma come la maggior parte di coloro che scrivono tanto “per” non riesce
a trovare un responsabile (o non ne ha il coraggio). Contrariamente a quanto
sicumera asserito, l’avvocato può trarre vantaggio, ai fini del
compenso, soltanto dalla complessità di una lite e dalla celerità
di una positiva definizione di essa; non mai dalle lungaggini del processo,
che, dovute esclusivamente alle sempre più gravi carenze dell’organico
dei magistrati, esasperano il cliente e sprestigiano il legale. L’avvocato
non gonfia la parcella in dipendenza della lungaggine del processo; suo
primario interesse sarebbe che la definizione giungesse nel più
breve tempo possibile, così da poter essere soddisfatto per l’attività
prestata.
Avv. Santi Gazzara Messina
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