«Vorrei indossare la toga di mio padre»

da Il Corriere della sera del 27.1.99

MILANO - La linea ufficiale la detta lui stesso, a metà mattinata, molte ore prima che dal Csm gli arrivi la buona notizia: «Insomma - congeda sorridendo i cronisti - mettetevi in testa che non stiamo parlando di vita o di morte. Ho presentato questa domanda, l’ho già detto tante volte, semplicemente perché la toga di mio padre non restasse a coprirsi di polvere: qualunque cosa decidano, che cosa dovrei aggiungere?». Saverio Borrelli ieri sceglie l’understatement, la «sua» procura lo segue ancora una volta: niente celebrazioni, niente grandi discorsi, per ora. «Pensiamo a lavorare», dicono i più. Ma negli uffici di quasi tutti i pm, così come tra le decine di impiegati e cancellieri che Borrelli saluta ogni giorno per nome, il clima è ormai da tempo quello di un capitolo chiuso: la notizia che «il capo se ne andrà», di per sé, era già stata metabolizzata da molto prima di ieri. «Un capo come ormai ce n’è pochi», è la frase che ricorre: e nel tono, in egual misura, ci sono tanto i rimpianti per un periodo finito quanto gli interrogativi per quello che deve incominciare. 
Così, tra le toghe milanesi, a rallegrarsi fuori dai denti per Borrelli ci pensa da Roma il magistrato che, nelle ultime ore, gli era stato più «vicino» di chiunque altro: e cioè il pm antimafia Armando Spataro, attualmente consigliere al Csm nonché suo principale alfiere ieri in commissione. «Un modello per l’intera magistratura», lo ha definito. E dopo aver respinto le critiche sul «mancato approfondimento» degli esposti pendenti a suo carico («pratiche totalmente ininfluenti»), è soprattutto in materia di «esternazioni», il punto forse più discusso in commissione, che Spataro ha voluto ribadire la promozione di Borrelli. «Tutte esternazioni - dice Spataro - fatte in nome di un suo preciso dovere come dirigente dell’uffico: quello di ristabilire la verità dei fatti». 
Il che, d’altra parte, veniva riconosciuto e rivendicato persino nelle 4 cartelle con cui, il 14 luglio 1997, l’ex presidente della Corte d’appello Salafia e l’allora occupante della futura poltrona di Borrelli, l’ex pg Umberto Loi, sancivano il «parere positivo» del consiglio giudiziario milanese sulla sua nomina: tutte le interviste e dichiarazioni rilasciate in questi anni da Borrelli - si legge in quelle pagine - sono state «costantemente ispirate dall’esigenza di impedire la diffusione di notizie distorte, sotto la pressione in taluni momenti pesante e inevitabile della stampa. In ogni occasione le sue parole sono state equilibrate». 
C. B., P. F.,