«Mancano
i magistrati, ma la colpa è solo nostra»
da Il Corriere della sera del 27.7.99
MILANO - Se avessimo seguito anche in Italia la lezione dell'uomo ragno,
oggi un gioielliere di via Padova e un giovane poliziotto abbattuto durante
l'assalto al furgone portavalori sarebbero vivi.
Secondo il procuratore nazionale antimafia, Pier Luigi Vigna, lo Spiderman
americano, (lo stesso che secondo la nota canzone degli 883 sarebbe stato
ucciso da non si sa chi), ha lasciato una grande lezione: il sistema per
controllare a distanza, con una sorta di «manette elettroniche»,
quei carcerati più o meno pericolosi a cui sono state concesse misure
alternative alla detenzione. E che spesso colgono l'occasione per tornare
a delinquere seminando sangue, morte, dolore e suscitando indignazione,
rabbia e sfiducia nello Stato.
Dottor Vigna la situazione è seria e preoccupante e lei tira
fuori l'uomo ragno...
«Non sto scherzando. Nel 1986 un giudice americano di cui ricordo
solo il cognome, Love (amore), leggendo il celebre fumetto di Stan Lee
e Steve Ditko, restò colpito dal fatto che il protagonista avesse
acquisito i suoi speciali poteri dopo essere stato morso da un ragno radioattivo.
Il magistrato si rivolse a un amico produttore di materiale elettronico
e gli chiese di mettere a punto un oggetto che, sperimentandolo prima di
tutto su se stesso, gli consentisse di essere sempre rintracciato. Da lì
prese il via la sorveglianza a distanza dei condannati o ex carcerati».
In parole povere lei sta dicendo che l'Italia dovrebbe applicare a
chi gode di arresti domiciliari o espia la pena in casa, il cosiddetto
bracciale o collare elettronico...
«Precisamente. Ma non deve essere necessariamente un collare
o bracciale. Può trattarsi anche di uno spillo o un orologio tipo
Swatch, come mi propose un tecnico italiano quando anni fa seppe che mi
battevo per l'uso di queste applicazioni. Da anni, per la verità,
anche il ministero di Grazia e giustizia ha compiuto studi sulla praticabilità
di questo sistema in vigore anche in Francia, e da gennaio scorso anche
in Gran Bretagna dove ben 4 mila persone invece della prigione hanno avuto
la carcerazione domiciliare garantita da un'etichetta elettronica. Ricordo
che i ministri Flick e Napolitano ne erano entusiasti. Ma i progetti non
decollano, restano progetti, purtroppo. Eppure sarebbe efficace, questo
sistema: consentirebbe un controllo effettivo 24 ore su 24 e non casuale,
come ora. Inoltre non solo sorveglierebbe se il controllato esce di casa,
ma anche se deroga dal percorso assegnato».
Dottor Vigna, lei conosce benissimo le obiezioni,soprattutto a sinistra:
la vigilanza elettronica è contro la persona umana, produrrebbe
effetti laceranti sulla personalità del detenuto..
«Mi sembrano obiezioni peregrine. Mi limito a osservare: è
forse meglio stare in cella in 8 o 10 persone anziché a casa con
questo sistema di controllo per nulla invasivo? Lo strumento elettronico
infatti non registra ciò che uno fa pensa o dice. Semplicemente
verifica che uno stia nel posto in cui deve stare. Vede: finché
la nostra giustizia non piglia un taglio diverso dovremo convivere con
gli arresti domiciliari e le detenzioni domiciliari e le scarcerazioni,
i permessi premio, insomma con queste che sono conquiste di civiltà.
E a questo proposito occorre essere chiari anche se è un discorso
difficile a farsi per chi subisce delle perdite di vite umane, può
provocare dolore dirlo».
A che cosa si riferisce?
«La nostra attenzione è polarizzata su quei casi in cui
colui che sta agli arresti domiciliari o che ha la detenzione in casa compie
un grave delitto. E trascuriamo tutta la platea, molto numerosa, maggioritaria,
di quelli che godono di questi istituti e non commettono nulla. + un discorso
che duole ma la verità è dolorosa e quando si fanno discorsi
di politica criminale purtroppo bisogna guardare al fenomeno in generale.
E poi ci si dimentica delle costanti rivolte carcerarie negli anni '70.
Io ricordo che quando facevo il sostituto due sere la settimana le passavo
in carcere a sedare rivolte! Ebbene sarà triste dirlo per chi ha
subito lutti, ma la detenzione domiciliare, i permessi ai detenuti definitivi
o il lavoro all'esterno hanno mitigato quelle tensioni che sfociavano in
terribili violenze.
«Questo non significa che i controlli non siano necessari e da
intensificare, ma poiché si rivela impraticabile il controllo umano
bisogna ricorrere alle tecnologie, che in America hanno dimostrato anche
un risparmio economico nella gestione carceraria dei detenuti. Naturalmente
l'elettronica dovrebbe essere accompagnata da sanzioni salate a chi riuscisse
a liberarsi di essa o comunque evadesse».
E se ci fosse anche la ineluttabilità della pena come sostiene
il neoprocuratore di Milano Gerardo D'Ambrosio?
«Perché la pena sia ineluttabile bisogna che i processi
durino meno. D'altra parte è pacifico che la custodia cautelare
non sia eterna, perché la persona è presunta non colpevole.
E allora: o si riesce a far passare la sentenza in giudicato entro i termini
(e non ci si riesce in gran parte dei casi) oppure il condannato è
libero.
«La pena certa è legata alla lentezza dei processi, ma
anche il ministro se ne sta accorgendo: la lentezza dipende dalla carenza
dei magistrati. Immaginatevi che cosa succederà con la distinzione
fra Gip e Gup, fra il giudice delle indagini preliminari e quello dell'udienza
preliminare? Il mio tormento personale è vedere tutti i giorni come
in zone ad alta densità criminale le richieste per gravissimi reati
giacciono per mesi davanti al Gip perché c'è un Gip solo.
Non è che il Pm voglia che le sue richieste siano accolte, ma ha
bisogno di una decisione perché da quella decisione dipende la sua
strategia investigativa: se infatti il Gip mette dentro gli indagati si
segue una strada, altrimenti se ne percorre un'altra. Ma non è possibile
attendere mesi, nel frattempo quelli per cui si è fatta la richiesta
da mesi continuano ad ammazzare...».
Va bene ma sulla carenza degli organici i magistrati non hanno nulla
da dire?
«I magistrati sulla carenza degli organici hanno la colpa principale:
dobbiamo essere pochi così facciamo la casta, la corporazione. Ora
il concetto di casta non va d'accordo con quello di efficienza e la giustizia
ha bisogno anche di efficienza».
Costantino Muscau,
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