Le
riforme vacillano, ultimatum di D’Alema
da Il Corriere della sera del 27.5.98
Gianna Fregonara,
ROMA - «Durante la riunione D’Alema si soffiava nei pugni, sbuffava,
era nervoso. Quando fa così, le cose si stanno mettendo molto male».
In una battuta Rolando Fontan, ambasciatore leghista nel comitato dei 19
della Bicamerale,
ricostruisce una giornata in cui il rischio di fallimento delle riforme
è stato altissimo. Non c’è accordo sul semipresidenzialismo,
cadono le ultime chances di modificare la legge per l’elezione del Csm
in vista delle prossime
elezioni di luglio, legge che Forza Italia considerava un segnale importante
per affrontare il capitolo della giustizia. E Berlusconi annuncia: questo
testo non va, o passano le nostre correzioni o si cerchi un’altra via.
Ieri sera, D’Alema ha lanciato un ultimo appello al leader del Polo:
«Sarebbe una catastrofe se il Parlamento bocciasse la legge sulle
riforme e mi aspetto che Berlusconi tenga fede agli impegni assunti, perché
è difficile scorgere una razionalità nel progetto di chi
vuole far saltare tutto», e una minaccia: «Se le riforme fallissero,
sarebbe la conferma che c’è chi vuole portare l’Italia indietro».
Basterà?
Oggi riprendono le votazioni in aula alla Camera sul contestatissimo
articolo 70 che riguarda il potere del presidente della Repubblica di sciogliere
le Camere. Saranno tre i progetti in discussione, quello della Bicamerale
(scioglimento solo in caso di crisi di governo), quello di Forza Italia
(nessun vincolo al potere del presidente) e quello di Rifondazione (lasciarlo
come è ora). Non si è trovato alcun compromesso: un tentativo
in extremis sarà fatto questa mattina in un’altra
riunione del comitato sulla quale nessuno nutre grandi speranze. «Non
vedo particolari motivi di ottimismo», è l’ultima parola di
Cesare Salvi, diessino relatore sulla forma di governo. I popolari hanno
già fermato qualsiasi tentativo di modifica del testo della riforma
per andare incontro ai berlusconiani. «E se non si fanno le riforme,
non è un dramma», ha chiosato Ciriaco De Mita, per la prima
volta presente a sostenere le posizioni del Ppi nel comitato dei diciannove.
La situazione è così ingarbugliata che anche Rifondazione
ha deciso di tornare in aula a votare. Forza Italia nella riunione dei
gruppi di ieri sera ha confermato la linea dura. Come il Polo si comporterà
- se si tratterà del funerale delle riforme, o se lo stop di Forza
Italia potrà comunque essere superato - lo deciderà il vertice
del centrodestra di questa mattina, nel quale Gianfranco Fini e Pierferdinando
Casini cercheranno un’ultima mediazione. Rocco Buttiglione a nome del Cdu
e dell’Udr promette a Berlusconi: se stracci l’accordo, siamo con te.
E' l’effetto voto che piomba sulle riforme e sul comitato dei 19 della
Bicamerale. «Sì, il Polo al primo turno è andato meglio
dell’Ulivo», ammette sedendosi al tavolo della presidenza Massimo
D’Alema. Ne sanno qualcosa Urbani, Rebuffa
e Calderisi, i tre responsabili di Forza Italia. Ribadiscono le posizioni,
minacciano il no al referendum confermativo delle riforme e prendono di
petto D’Alema: «Si comporta come uno studente impreparato, gioca
al piccolo costituzionalista», sfotte arrabbiato Giorgio Rebuffa
uscendo dalla riunione dei 19. In realtà, il presidente della Bicamerale
tenta l’ultima mediazione. E' vero che spiega che la proposta di Forza
Italia di non mettere vincoli al potere di scioglimento delle Camere da
parte del presidente della Repubblica è «pericolosa perché
rende il capo dello Stato un capo occulto del governo» che così
«sarebbe sottoposto al potere di ricatto continuo e all’attacco alla
stabilità». Ma offre al Polo un’apertura sul potere del capo
dello Stato di presiedere il Consiglio superiore di difesa, che «si
riunisce una volta all’anno e coincide con il Consiglio dei ministri: in
quest’occasione sarà presieduto dal presidente della Repubblica».
La proposta non piace al Polo, ma basta per far insorgere i popolari. «Qualsiasi
cambiamento del testo approvato dalla Bicamerale è impensabile»,
ha risposto De Mita a D’Alema: leali alla proposta della maggioranza sì,
ma che non si tenti di cambiare posizione è l’avvertimento degli
alleati centristi ai Ds.
Chiusa nell’impasse la mattinata, il pomeriggio di ieri ha portato
a un’altra sconfitta per i mediatori: sulla giustizia. Il comitato ristretto
del Senato ha dato forfait. «Le condizioni per approvare la legge
di riforma del Csm non ci sono,
perché il Polo non è disponibile a rivedere la decisione
della Bicamerale di dividere il Csm in due sezioni», è la
laconica dichiarazione del diessino Cesare Salvi. «In questo modo,
i Ds contribuiscono al naufragio delle riforme, naufragio del quale, ovviamente,
sono pronti ad attribuirci ogni responsabilità», è
la risposta del forzista Pera.
In queste condizioni, stasera andrà in aula il semipresidenzialismo.
+ probabile che parlino i leader, da Berlusconi a D’Alema. E dalle loro
parole si capirà che cosa significa questa rottura sulle riforme.
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