La
Corte costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità del
decreto legge 23.Cura Di Bella gratis agli indigenti. I farmaci saranno
prescritti dai medici solo se non esiste una terapia alternativa
da Il Sole 24 ore del 27.5.98
ROMA — Il servizio sanitario deve garantire la cura anticancro Di Bella
a chi non può pagarsela. A condizione, però, che la patologia
rientri tra quelle già ammesse dal ministero della Sanità
alla sperimentazione (tumori in fase terminale); che il malato non abbia
davanti «valide alternative terapeutiche» con medicinali o
trattamenti già autorizzati (condizione certificata dal medico,
«sotto la propria responsabilità» e «sulla base
di elementi obiettivi»). E comunque solo finché durerà
la sperimentazione del “multitrattamento Di Bella” (Mdb), cioè fino
al momento in cui saranno disponibili «dati scientificamente attendibili»
per superare l’«incertezza attuale» sulla «non implausibile
efficacia» della cura.
La Corte costituzionale con la sentenza n. 185, depositata ieri, relatore
Francesco Guizzi, ha esteso ai non abbienti il multitrattamento del professore
modenese bocciando, in parte, il decreto ribattezzato Di Bella (che si
tratti di una legge «singolare e in deroga alle procedure ordinarie»
lo sottolinea la stessa motivazione della sentenza). La Corte, sollecitata
dal Consiglio di Stato, ha bocciato il decreto legge (n. 23/98) perché,
limitando ai pazienti scelti per la sperimentazione la somministrazione
gratuita della somatostatina e degli altri medicinali del cocktail, si
è messo in contrasto con principio di uguaglianza e diritto alla
salute. Ma toccherà ora al legislatore disciplinare l’accesso alla
cura da parte di chi non abbia possibilità economiche. E il Parlamento
dovrà farlo al più presto, ha detto la Corte: «L’intervento
dovrà avere luogo con la più grande tempestività in
ragione della particolare urgenza».
L’incostituzionalità del decreto non deriva dall’aver richiesto
la fase 2 della sperimentazione al fine di autorizzare i farmaci solo della
cura Di Bella. Anzi, su questo punto la Corte ha detto che il decreto 23
di quest’anno ha un valore generale: stabilisce infatti che la fase 2 sia
necessaria anche per la prescrizione in via eccezionale e transitoria di
tutte le sostanze “innovative” già disciplinate dal decreto 536
del ’96. L’illegittimità sta invece nella scelta di una sperimentazione
anomala: in deroga alle regole ordinarie è stata prevista la possibilità
di «impiego nei confronti di altri soggetti estranei alla sperimentazione»
e, nota la Corte, «prima che siano noti gli esiti». Se contro
le regole ordinarie i medici possono prescrivere i medicinali ancora sotto
esame ma questi non sono mutuabili, la spesa è sempre a carico del
malato. Ma, secondo la Corte, «nei casi di esigenze terapeutiche
estreme, impellenti e senza risposte alternative, come quelle che si verificano
in alcune patologie tumorali» succede che dalla disciplina della
sperimentazione, «così prevista», nascano «aspettative»
che rientrano «nel contenuto minimo del diritto alla salute».
Il principio di eguaglianza non tollera che il godimento, sia pure di questo
«contenuto minimo», del diritto alla salute dipenda dalle condizioni
economiche del paziente. Non sono peraltro sufficienti l’accordo tra ministero
e aziende farmaceutiche per vendere i prodotti a un prezzo ridotto né
i fondi stanziati a favore dei Comuni per finanziare gli indigenti.
Ma attenzione, ha concluso la Corte, la distribuzione a spese della
collettività vale soltanto in quanto il decreto legge ha autorizzato,
in via transitoria e speciale, l’uso terapeutico dei farmaci della cura
Di Bella. E vale solo per alcuni soggetti: quando ci sia l’alternativa
di un «trattamento sperimentato e validato» è irragionevole
pretendere che lo Stato «debba essere comunque tenuto a fornire gratuitamente
altre prestazioni mediche, anche solo ipoteticamente efficaci». Sulle
casse pubbliche non possono ricadere le libere scelte individuali delle
terapie. Altrimenti lo Stato verrebbe meno alla responsabilità
di garantire l’efficacia e la non nocività dei farmaci.
Roberta Miraglia
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