Forza Italia minaccia la rottura sui poteri di scioglimento del capo
dello Stato, su cui oggi la
Camera decide
Dal
voto un’ombra sulle riforme
da Il Sole 24 ore del 27.5.98
ROMA — Silvio Berlusconi giura che il voto di domenica non c’entra niente
con l’irrigidimento di Forza Italia sui poteri di scioglimento del futuro
presidente della Repubblica. E che se stasera la Camera sancirà,
com’è ormai scontato, una rottura tra Polo e Ulivo sul semipresidenzialismo
(la seconda, dopo quella che si è già consumata sulla sussidiarietà)
ciò accadrà perché la maggioranza «invece di
andare avanti fa passi indietro». Che è poi la stessa accusa
che l’Ulivo muove a Forza Italia. «Conoscete il gioco dell’oca? —
chiede Fabio Mussi dopo la riunione di ieri del Comitato dei 19 —. Se esce
un certo numero si torna alla casella di partenza. Benissimo — prosegue
il capogruppo dei Ds alla Camera —: per Fi quel numero sembra ormai uscire
sempre. Ha ripresentato un pacchetto di emendamenti poco sensati, che sembrano
fatti apposta per rendere inutile il lavoro di riforma di tutto un anno.
Non vorrei che fossero prove tecniche di rottura...».
Chi pensava che dopo il passaggio elettorale di domenica scorsa sulla
Bicamerale sarebbe tornato il sereno, si sbagliava. Non solo perché
Fi ritiene di essere uscita rafforzata dalle urne e, dunque, di poter alzare
la voce ancora di più sulle riforme; ma anche perché alle
stesse conclusioni è giunto tutto il Centro. Tant’è che ieri
mattina, alle minacce degli azzurri di far naufragare la Bicamerale se
non saranno aumentati i poteri del presidente della Repubblica si sono
aggiunte quelle del Ppi che, per bocca di Ciriaco De Mita (per la prima
volta al Comitato dei 19), ha rilanciato un ridimensionamento di quei poteri,
avvertendo che se dovessero passare le posizioni del Polo, potrebbe venir
meno l’appoggio del Ppi alle riforme.
Stretto tra due fuochi, a Massimo D’Alema non resta che difendere ancora
di più il «semipresidenzialismo temperato all’italiana»
varato a giugno dell’anno scorso, in quanto rappresenta «l’unico
punto di equilibrio possibile». Ne è intimamente convinto
anche Gianfranco Fini, pur confermando che oggi Alleanza nazionale voterà
le proposte di Fi. «Ma il problema non è la sorte degli
emendamenti — fa rilevare il leader di An —. Il problema è cosa
accade se vengono respinti». Cauto anche Pierferdinando Casini: il
segretario del Ccd ammette che Fi ha una posizione «rigida»,
pur se «comprensibile», sui poteri del presidente, ma rinvia
a un probabile vertice odierno del Polo la messa a punto di una posizione
comune sul futuro delle riforme e, in particolare, sulla forma di governo.
Perché non è escluso che il Centro-destra rilanci l’ipotesi
di un premierato forte, che non dispiacerebbe neppure all’Udr.
Il voto di oggi sarà preceduto, in mattinata, da un’altra riunione
del Comitato dei 19 per affrontare il problema dei poteri del presidente
in materia di difesa e di politica estera (in precedenza accantonato).
Nel tardo pomeriggio il confronto si sposterà in Aula, dove saranno
votati gli emendamenti di ciascuna parte politica: quelli del Polo, diretti
a riconoscere al capo dello Stato un potere incondizionato di scioglimento
della Camera (salvo che nei primi 18 o 24 mesi della nuova legislatura),
indipendentemente dalle dimissioni del Governo; e quelli di Rifondazione
e Lega, per circoscrivere il potere di scioglimento ai soli casi in cui
il Governo si dimette e risulti impossibile formarne uno nuovo (posizione
su cui potrebbe convergere anche una parte del Ppi e dei Verdi). Se né
gli uni né gli altri otterranno la maggioranza, rimarrà la
soluzione della Bicamerale secondo cui il capo dello Stato può sciogliere
la Camera (ma non nei primi 12 mesi della legislazione o negli ultimi sei
del mandato presidenziale) solo in caso di dimissioni del Governo, cioè
quando la Camera vota una mozione di sfiducia o quando è eletto
un nuovo presidente della Repubblica.
A De Mita, che nel Comitato metteva in guardia dall’abbandonare una
«forma di governo parlamentare, attribuendo poteri di governo al
capo dello Stato», D’Alema ha ricordato che il modello prescelto
«ha già superato il modello parlamentare puro» e che
comunque «nessuno sta proponendo un potere di governo per il presidente».
Peraltro, con riferimento alle proposte di Fi, D’Alema ha detto che, con
i poteri di scioglimento che gli si vogliono attribuire, il presidente
«diventerebbe il capo occulto del Governo» perché potrebbe
«ricattare» il Governo stesso, e ciò «sarebbe
un fattore di instabilità e non di garanzia». «Non
ci sono elementi per un’intesa e c’è la conferma di un irrigidimento
di Fi in atto da qualche settimana su questo come su altri punti»
è la conclusione di Cesare Salvi (Ds), che allude probabilmente
anche al fronte caldo della giustizia (proprio Salvi, in serata, farà
sapere che «non ci sono le condizioni» neppure per un accordo
sul nuovo sistema elettorale del Csm»). «Troverei singolare,
però — aggiunge Salvi — che l’esito di una tornata amministrativa,
con qualche zero virgola qualcosa in più, possa incidere sulle riforme».
Salvi ammette di aver perso l’ottimismo. Ma in serata, D’Alema fa professione
di fede: «Raramente, in politica, le giornate annunciate cruciali
sono tali — dice da Aosta —. Io sono sereno e fiducioso. Anche perché
sarebbe catastrofico se il Parlamento bocciasse le riforme».
Donatella Stasio
|