Invidie e appetiti sul sistema privato 

da Il  Sole 24 ore del 27.11.99

di Maurizio de Tilla *
A qualcuno dà molto fastidio che le Casse private dei professionisti godano di ottima salute, mentre la previdenza pubblica è allo sfascio con un deficit di 300mila miliardi e con un incremento di passività di 60 miliardi all’anno. Tutti i debiti che fanno carico allo Stato e, quindi, alla collettività che deve fronteggiare il buco della previdenza pubblica maturato per effetto dell’erogazione di pensioni di anzianità e di invalidità, in percentuali che superano il 40% dell’ammontare complessivo della spesa previdenziale. Mentre le Casse private dei professionisti, le cui strutture costano poco e non sono politicizzate, erogano pensioni di anzianità e di invalidità in percentuali inferiori al 3 per cento.

Le profonde diversità tra pubblico e privato stanno nelle ragioni che si riconducono, per il privato, alla efficiente gestione del patrimonio, al contenimento delle spese, all’attenta vigilanza sulle evasioni contributive, al monitoraggio continuo dei rapporti tra entrate contributive, coperture finanziarie e prestazioni previdenziali.

I risultati sono evidenti: il patrimonio degli enti previdenziali, principalmente per le entrate patrimoniali, si è incrementato dal 1994 (anno della privatizzazione) in media del 50%, con punte che toccano anche il 100 per cento. Il sistema non misto, ma di totale capitalizzazione potrebbe mettere in crisi l’impianto della solidarietà che costituisce una delle ragioni della previdenza dei professionisti. Le verifiche attuariali nella proiezione di 15-20 anni sono tutte positive e toccano nell’essenza le responsabilità delle Casse privatizzate che hanno l’autonomia e il potere normativo di variare contributi e prestazioni senza incorrere nelle contestazioni dei sindacati.

Dobbiamo prendere atto con una certa soddisfazione che il rapporto annuale della Commissione di vigilanza sugli enti previdenziali ha espresso in larga misura apprezzamento per le gestioni della previdenza dei professionisti. Non credo che giudizi altrettanto positivi si possano esprimere per la previdenza pubblica. In questo quadro l’Adepp ha dichiarato in ogni occasione che ben vengano tutti i controlli ministeriali, che non potranno non confermare quanto si è detto sugli effetti positivi della privatizzazione. Ma questi controlli non devono indurre in errore. E l’errore che si sta facendo è duplice:

la richiesta di proiezioni a 40 anni delle verifiche attuariali;

l’aumento della riserva tecnica al di là delle previsioni legislative e delle necessità degli Enti.

Riguardo al primo aspetto si osserva che la nota del ministero del Lavoro, concernente le linee guida per l’impostazione dei bilanci tecnici degli Enti di previdenza privati, ripropone ancora una volta il problema dell’autonomia degli Enti dopo la privatizzazione e delle modalità e finalità dei controlli pubblici sugli stessi. I controlli debbono essere contenuti nei limiti previsti dalle leggi vigenti, nonché strettamente collegati al miglior perseguimento dei fini istituzionali, e non possono essere concepiti come un mezzo per comprimere l’autonomia riconosciuta agli Enti dal legislatore.

In questa ottica appaiono pertinenti alcune direttive contenute nella nota ministeriale, come il richiamo alla periodicità almeno triennale nella redazione dei bilanci tecnici degli Enti e alla tempestività nella loro trasmissione o l’indicazione di principi generali di larga massima per una omogeneità di fondo nella predisposizione degli stessi (come normalmente avviene anche per i bilanci di esercizio).

Non appropriato sembra, invece, il richiamo a proiezioni attuariali riferite a un arco temporale di quarant’anni. Tale indicazione, in contrasto con le norme che regolano la verifica tecnica, appare non aderente a un ragionevole esercizio di funzioni di controllo e tende a rappresentare un quadro sostanzialmente peggiorativo dell’equilibrio finanziario degli Enti.

In un sistema previdenziale di base le regole di determinazione del contributo da versare e delle prestazioni da percepire non sono, come accade per le assicurazioni private, contrattualmente garantite "ab origine" ma esistono opportuni meccanismi normativi di rettifica che conferiscono ai sistemi caratteristiche di adattabilità a eventuali imprevedibili trasformazioni demografiche ed economiche future (aumento del periodo di riferimento, variazione del coefficiente per il calcolo della pensione, variazione delle contribuzioni).

Va peraltro precisato che, il bilancio tecnico rappresenta, per definizione, una proiezione futura delle poste economiche e patrimoniali consolidate, per un numero di anni che deve essere congruo; questa congruità va rapportata ai risultati della gestione e ai possibili correttivi normativi. Un periodo da ritenersi coerentemente congruo, alla luce dei criteri esposti, è quello dei 15 anni nello sviluppo delle proiezioni, già individuato dal legislatore.

Va infine sottolineato, come il sistema finanziario di gestione a ripartizione, previsto per gli Enti privati, sia stato in qualche modo mitigato e reso più stabile, dal punto di vista degli equilibri finanziari, a seguito di previsioni legislative che hanno introdotto una riserva legale di ben cinque annualità legate alle prestazioni del 1994, mentre gli interventi equilibratori possono avere cadenza anche annuale.

* presidente Adepp
(Associazione enti previdenziali privati)