Sul
futuro delle professioni si accende lo scontro fra i poli
da Il Sole 24 ore del 27.11.98
ROMA — Per la riforma delle professioni è «indispensabile
individuare una corsia preferenziale». Dimenticarla nei cassetti
del Parlamento, illudendosi di lasciare le cose come stanno, per il ministro
dell’Industria, Pierluigi Bersani, significa suggellare l’espulsione «dalle
zone alte e nuove dello stesso mercato italiano». Un lento suicidio,
insomma. No al depauperamento del patrimonio di professionalità
custodito da Ordini e Collegi, scrive il presidente di An, Gianfranco Fini,
in una lettera aperta ai professionisti, che è anche un’ideale risposta
a Bersani. Fini rassicura: nessuna delega a un Governo che «appare
poco affidabile e certamente prevenuto» nei confronti dei mondo professionale.
«La modernizzazione», pure necessaria, deve essere il risultato
di un dibattito in Parlamento «trasparente e non superficiale».
Si tratta di preservare l’autonomia e l’indipendenza delle professioni
intellettuali, messe in pericolo dalla «pervicace volontà
politica della sinistra».
Sulla riforma delle professioni si riaccende dunque lo scontro. Alleanza
nazionale — interpretando i timori dei professionisti — promette di contrastare
«la volontà, sempre più palese, di operare lo smantellamento
degli Ordini». Di più. An ribadisce con forza di essere contraria
a ogni legge delega per riformare le professioni. Investendo, virtualmente,
il Parlamento di un compito ciclopico. Non solo per la diversità
e la stratificazione delle posizioni in campo anche all’interno delle categorie.
I contenuti in gioco sono infatti vastissimi: dal numero ai compiti degli
Ordini, dalla struttura degli organismi nazionali a quelli periferici,
dalle tariffe alla pubblicità, dalla deontologia alle procedure
disciplinari. Senza parlare della disciplina sulle società professionali,
di cui si dovranno compiutamente stabilire forme consentite e limiti, e
poi le regole fiscali, previdenziali e fallimentari. Naturalmente, le norme
andranno raccordate con gli ordinamenti degli attuali Ordini e Collegi
(una trentina). Anche sulle modalità di accesso alla professione
— che erano state uno dei bersagli polemici nel discorso programmatico
di Massimo D’Alema —la posizione di Fini è risoluta. «Non
si può accettare — afferma il leader di An — lo stravolgimento generale
della professione intellettuale per dare risposta a una politica dell’istruzione
deficitaria, soprattutto universitaria, che da anni alimenta la disoccupazione».
L’accertamento dei requisiti per svolgere la professione intellettuale
(attraverso l’esame di Stato), ricorda Fini, è imposto dall’esigenza
di tutelare l’utente.
Sull’altro versante, Bersani invita a spazzare via «incomprensioni,
timori e speculazioni politiche» per evitare un dibattito sterile
e pretestuoso. Il ministrodell’Industria,in un’intervista a un settimanale,
anticipata ieri, ribadisce che liberalizzare gli Ordini è una delle
priorità del Governo. Nonostante all’inteno della maggioranza
si registrino evidenti divisioni. Basti pensare all’ultimo “smacco”
in ordine di tempo: il ritiro dell’emendamento per arrivare a disciplinare
le società tra professionisti, misura inserita nel Ddl sulle attività
produttive per iniziativa dello stesso Bersani. Il provvedimento è
stato però bocciato dal presidente del Senato, Nicola Mancino, “confortato”
anche dall’orientamento dei popolari. «Non si tratta di essere
pro o contro l’esistenza degli Ordini — spiega Bersani — ma di stabilire
se è possibile fare società tra professionisti, abolire i
divieti alla pubblicità e le tariffe imposte, effettuare controlli
sulla qualità del servizio offerto all’utenza, trovare forme d’accesso
alle professioni che non siano discriminatorie. Qualsiasi riforma riesca
a garantire queste condizioni — continua — mi sta bene: un dibattito tutto
ideologico, pro o contro gli Ordini, invece, mi lascia assolutamente indifferente».
Il nucleo del contendere è comunque l’equiparazione tra attività
d’impresa e attività professionale, un’assunto che i professionisti
— e una parte del mondo politico — giudicano negativamente perché
minerebbe la personalità della prestazione e l’autonomia dei prestatori
d’opera intellettuale.
Comunque, una linea di contrapposizione da parte degli iscritti agli
Ordini potrebbe risultare controproducente. Per Antonino Mirone, ex sottosegretario
al ministero della Giustizia e “padre” del disegno di legge di riforma,
«occorre evitare atteggiamenti di chiusura che giustificherebbero
reazioni radicali. Non bisogna indietreggiare, per timore, rispetto al
punto di equilibrio raggiunto nel Ddl, tra la posizione oltranzista del
ministero dell’Industria, che mirava alla sostanziale equiparazione tra
professione e impresa, e quella della Giustizia che punta a rendere gli
Ordini il cardine del sistema di garanzie per il cittadino».
Mirone è intervenuto ieri in un convegno sulle società
professionali, promosso a Brescia dalla facoltà di Giurisprudenza
dell’università. All’incontro ha partecipato anche Gianfranco
Morgando, sottosegretario al ministero dell’Industria, che ha invitato
gli Ordini a un dibattito costruttivo. «La modernizzazione
delle professioni intellettuali — ha detto — riveste un ruolo cruciale
nel sistema economico. Cambiare è urgente, anche se la riforma non
va affrontata con semplificazioni».
Maria Carla De Cesari
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