Giusto processo: la Camera verso il secondo «sì» 

da Il Sole 24 ore del 27.10.99

Il punto centrale della riforma dell’articolo 111 della Costituzione è sicuramente l’affermazione della inderogabilità del contraddittorio orale nella formazione della prova. Poiché sono fermamente convinto della fondamentale importanza di questo principio per una giustizia equa credo che si debba fare un grande sforzo perché esso possa tradursi in realtà.

Non sarà compito facile. In primo luogo vi sono diffuse preoccupazioni per la eccessiva rigidità con la quale tale principio viene scritto nella Carta costituzionale. Ciò comporta un grave rischio di sovraffollamento del dibattimento e quindi della vanificazione di fatto, non tanto della norma, quanto della possibilità di concludere i processi. Il legislatore sta cercando di prevenire questo rischio ampliando i casi di giudizio abbreviato (disegno di legge Carotti, ora in discussione alla Camera) e di utilizzabilità delle prove sul consenso delle parti. È possibile che ciò abbia l’effetto sperato; in tal caso i dibattimenti diminuiranno sensibilmente e si potranno celebrare in tempi ragionevoli (condizione inespressa ma essenziale per un vero contraddittorio orale). Se questi meccanismi si riveleranno invece insufficienti, temo che non sarà possibile porvi rimedio.

In secondo luogo, per affermare davvero il principio del contraddittorio non ci si potrà accontentare della sua negazione e cioè di vietare l’utilizzazione come prova delle dichiarazioni rese in precedenza dal testimone o dall’imputato. L’obiettivo dovrà essere quello di far sì che il contraddittorio abbia effettivamente luogo e che quindi coloro che dispongono di informazioni si sottopongano all’esame e al contro esame e che l’ordinamento reagisca ai casi in cui ciò non si verifica.

Il Parlamento ha iniziato a esaminare una fondamentale modifica del Codice di procedura che dovrebbe portare a limitare radicalmente i casi in cui colui che abbia reso dichiarazioni contro altre persone nel corso delle indagini possa poi rifiutarsi di rispondere nel dibattimento. Credo che questa riforma sia di grande importanza. Mi sembra però necessario affrontare ancora più radicalmente il tema della effettività del contraddittorio orale.

Ciò implica innanzitutto porre mano con coraggio alla difesa d’ufficio e dei non abbienti. Deve essere ben chiaro che il processo in contraddittorio si fa in tre: giudice, pubblico ministero e difensore. Si è parlato molto dei primi due e per nulla del terzo. Oggi nella quasi totalità dei processi, il difensore è di fatto inesistente. Mi rendo conto che è un tema politicamente impervio, perché urta contro interessi consolidati. Ma la giustizia deve essere "giusta" per tutti e non solo per i forti.

Con la stessa fermezza dovrebbe essere affrontato il tema della tutela dei testimoni. Su questo un’ipoteca non da poco è posta dalla formulazione, che io considero infelice, della norma costituzionale. Questa, infatti, prevede che si possano utilizzare le dichiarazioni rese in precedenza dal testimone che si sottragga all’esame, solo nel caso che ciò sia causato da «provata condotta illecita». In un Paese nel quale l’omertà e l’intimidazione ambientale sono la regola in almeno tre regioni, mi sembra davvero eccessivo pretendere che si debba provare una attività specificamente rivolta a condizionare il testimone. Se, dunque, poco potrà farsi per contrastare il fenomeno dell’omertà, molto può essere fatto sul piano della legislazione ordinaria per adeguare gli strumenti di cui dispone il giudice per ottenere il risultato della pienezza del contraddittorio orale. Non dico che si debba giungere ai meccanismi che sono previsti nei sistemi accusatori (ai quali pure pretendiamo di ispirarci): negli Stati Uniti, ad esempio, il giudice può trattenere il testimone reticente per tutto il tempo di durata della fase del processo (fino a 18 mesi, nell’ipotesi del Gran Jury!). Certamente occorre però adeguare il sistema processuale al principio fondamentale del contraddittorio: che il testimone risponda e dica la verità.

Più in generale, mi sembra davvero rischioso che i principi di garanzia, così fortemente affermati dal nuovo 111 della Costituzione, non siano supportati dalla contestuale affermazione a livello costituzionale di altri principi, che consentano un bilanciamento di interessi altrettanto meritevoli di tutela, così come prevedono la Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.

Della riforma del "giusto processo" non condivido né la blindatura (sostanziale e regolamentare) dell’iter di approvazione, né la formulazione farraginosa e con soluzioni tecniche opinabili, che di quella mancanza di reale dibattito è frutto. È però oggi indispensabile operare rapidamente per costruire quanto è necessario perché essa possa comunque funzionare. Almeno su questo dovrà esservi uno sforzo comune, fra quanti hanno a cuore la giustizia.

Giovanni Salvi

(Giunta Anm)