Ciampi: rispetto per i magistrati 

da Il Sole 24 ore del 27.10.99

ROMA — Assume caratteri sempre più aspri lo scontro sulla giustizia dopo l’offensiva che Giulio Andreotti ha lanciato nei confronti del presidente della Camera Luciano Violante (quand’era presidente dell’Antimafia), di Giancarlo Caselli (quando guidava la Procura palermitana) e più in generale nei confronti di non meglio precisati magistrati, fra i quali si celerebbe il «suggeritore» che ha provocato l’incriminazione del senatore a vita. Ieri è intervenuto il capo dello Stato, che ha richiamato le forze politiche al rispetto per i magistrati, ma intanto Caselli, sostenuto anche dal Guardasigilli Oliviero Diliberto, ha respinto tutte le accuse.

I Ds si sono schierati a difesa del presidente della Camera, che ieri sera ha replicato in tv a tutela del lavoro svolto dalla Commissione, chiamata a «indagare su tutte le connessioni della mafia e quindi anche le connessioni con la politica». «Non difendo me stesso, difendo le istituzioni», ha affermato Violante. Sullo sfondo di queste polemiche resta insoluto il problema del ruolo dell’Antimafia e quello ancor più incerto sull’uso del "pentitismo"; nessuno sembra ancora in grado di disincagliare la legge che dovrebbe riformare la normativa sui "collaboranti di giustizia".

Chiamato dalla Costituzione a presiedere il Csm, Carlo Azeglio Ciampi non poteva certo esimersi dall’accennare alla bufera che ha investito la magistratura dopo la sentenza con la quale il tribunale di Palermo ha riconosciuto l’estraneità di Andreotti dalle accuse di complicità con la mafia. Così il presidente della Repubblica, parlando ai nuovi Cavalieri del Lavoro, ha voluto sottolineare ancora una volta la necessità della stabilità politica ed economica. S’è poi riferito alla stabilità istituzionale, ricordando come l’autonomia e l’indipendenza dei giudici siano «garanzia di giustizia per tutti i cittadini».

Dopo aver orgogliosamente rivendicato il suo ruolo nel pool palermitano, Caselli s’è richiamato alle figure di Falcone e di Borsellino, spiegando che anche questi due grandi nemici della mafia «sono stati spazzati via dalle polemiche, che non sono cosa di oggi ma ritornano ogni volta che la magistratura cerca di fare il proprio lavoro in maniera indipendente e uguale nei confronti di tutti». Ma mentre Cossiga e il Polo tutto (ma non solo) continuano a chiederne la testa, i diessini provvedono a far muro attorno all’attuale direttore delle carceri, difeso senza riserve insieme al presidente della Camera. «Troppi attacchi a Violante, a Caselli, a tutti noi», dice Walter Veltroni, annunciando che la sua solidarietà è «totale».

Carte alla mano, «una campagna contro Violante è priva di fondamento, volta soltanto a scopo politici che ci sfuggono e ad annebbiare la verità», spiega Fabio Mussi, capogruppo dei deputati ds, sottolineando che l’obbiettivo è la lotta alla mafia e non all’antimafia e che la richiesta di dimissioni di Caselli, insistentemente sollecitata da Cossiga, «è sbagliatissima». D’altra parte, non sono soltanto i diessini a difendere le ragioni dell’ex procuratore della Repubblica di Palermo: Ottaviano Del Turco, presidente dell’Antimafia, dice che non sarà la sentenza di sabato scorso a fargli cambiare idea su un uomo che stima e rispetta. «Profonda stima» per Caselli è stata confermata, oltre che da Violante, dal ministro Diliberto che s’è riferito anche all’ipotesi che il "suggeritore" cui ha fatto allusione Andreotti, sia il presidente della Camera.

Al leader di cinquant’anni di vita politica italiana Diliberto ricorda che «non serve alimentare una stagione di veleni» e gli chiede di non procedere più per allusioni ma di fare i nomi. Il ministro della Giustizia invita a evitare «questo clima pericoloso di delegittimazione della magistratura», anche perchè, avverte, la mafia non è certo sparita. E per combatterla, osserva Diliberto, i pentiti sono più che mai necessari: «Se non ci fossero stati i collaboratori di giustizia non avremmo vinto sul terrorismo», precisa il Guardasigilli.

Anche per questo Diliberto è prudente sulla richiesta di Cossiga di revocare i benefici concessi ai pentiti che hanno testimoniato al processo di Palermo, dando alla tesi della pubblica accusa argomenti che si sono rivelati poi del tutto fallaci. Intanto la riforma della legge sui pentiti continua a «dormire», come ha notato l’ex Presidente Oscar Luigi Scalfaro, accusando la maggioranza di non aver compiuto il suo dovere. Che era appunto quello di dare all’utilizzazione dei pentiti una normativa più rispettosa dei diritti della persona.