«Qualcuno bloccò la riforma»

da Il Mattino del 27.9.99

MARIA PAOLA MILANESIO 
Hanno resistito 24 ore. Poi, lo sfogo, un atto d’accusa verso maggioranza e opposizione, che prende la forma di una nota congiunta, firmata dai due ex ministri del governo Prodi. Da Giovanni Maria Flick e Giorgio Napolitano che, quali responsabili della Giustizia e dell’Interno, nel lontano ’97 presentarono al Parlamento la proposta di riforma della legge sui pentiti. «Qualcuno a nome della maggioranza, ma qualcuno anche a nome dell’opposizione, dovrebbe dare spiegazioni», scrivono i due ex. Ecco, spiegare perché per oltre due anni non si è mossa una foglia, nonostante tutti sostenessero che la legge andava modificata. E ora, ora che la sentenza di Perugia ha messo in discussione i contributi dei pentiti - da soli non bastano se non ci sono riscontri oggettivi -, ecco che il Parlamento ha fretta. «Ci sono state sorde resistenze all’introduzione di garanzie e di limiti di ricorso ai collaboratori di giustizia? O si è preferito da parte di altri tenere bloccata una legge che, scongiurando eccessi e abusi, salvaguardasse quello strumento importante per l’accertamento delle verità e per lo smantellamento delle organizzazioni mafiose?», è la pressante richiesta di chiarimento, nonché di assunzione di responsabilità, che viene da Flick e Napolitano. Nessuno, secondo i due ex ministri, è immune da colpe, né l’allora maggioranza, né l’opposizione. 
Il fatto è che il tema giustizia, sia esso l’introduzione dei principi del giusto processo in Costituzione sia il braccialetto elettronico, solleva sempre accese discussioni che spesso finiscono per rallentare ogni modifica, che giunge poi sull’onda dell’emergenza o di qualche eclatante fatto di cronaca. «Non facciamoci prendere da atteggiamenti irrazionali, come ogni tanto succede in questo Paese», mette in guardia il segretario dei Ds, Walter Veltroni. E continua: «C’è un giudizio di innocenza per Andreotti. Non per questo butterei a mare uno strumento che ha consentito di vincere molte lotte contro una mafia che fino al ’92 poteva uccidere Falcone e Borsellino». Per Armando Cossutta bisogna distinguere tra «pentiti affidabili e pentiti in malafede, ma questo è compito dei magistrati». Il Polo, con Enrico La Loggia, chiede che la riforma non proceda disgiunta dalla modifica dell’articolo 192 del codice di procedura penale, che tratta della valutazione della prova. «Sarebbe meglio affrontare tutto in un unico disegno di legge o, al limite, anche in due che camminino assieme», dice il presidente dei senatori di Forza Italia. Il relatore del provvedimento, Luigi Follieri, ha però annunciato un accordo tra i poli che consente di stralciare la modifica del 192 dal testo base sui pentiti. Non entra nel merito il direttore del Dap, Giancarlo Caselli, che si limita a definire «insostituibile» il ruolo dei pentiti nei processi di mafia; duro il giudizio sugli attacchi alla magistratura, atti che talvolta «rasentano il linciaggio». Concorda su una revisione della legge anche Giovanni Conso, presidente emerito della Consulta: «L’attuale normativa è superata. Bisogna conciliare meglio l’esigenza del loro contributo con l’altrettanto importante esigenza della serietà dello stesso contributo».