Pentiti, scontro sulla legge
da La Repubblica del 27.9.99
di GIANLUCA LUZI
ROMA - Assolti Andreotti e gli altri imputati del processo di Perugia,
ora sul banco degli accusati sono saliti i pentiti di mafia e i procuratori
che hanno istruito il processo Pecorelli. Insorge in difesa dei magistrati
l'ex procuratore di Palermo Caselli, difende il ruolo dei pentiti il segretario
dei Ds Veltroni e il presidente della Camera Violante - che definisce Andreotti
"imputato modello" - ricorda che ogni dichiarazione dei collaboratori deve
essere verificata, mentre da molte parti si chiede una riforma della legge
sui pentiti.
Ma la riforma non si vede e allora - con un comunicato congiunto -
vanno all'attacco gli ex ministri dell'Interno e della Giustizia Napolitano
e Flick, i quali chiedono polemicamente alla maggioranza e all'opposizione
perchè la legge di cui sono autori è ferma da due anni in
Parlamento.
Napolitano e Flick si chiedono se "ci sono state sorde resistenze all'introduzione
di garanzie e di limiti al ricorso ai collaboratori di giustizia o se si
è preferito da parte di altri tenere bloccata una legge che scongiurando
eccessi ed abusi, salvaguardasse quello strumento importante per l'accertamento
della verità e per lo smantellamento delle organizzazioni mafiose.
Qualcuno - sollecitano criticamente gli ex ministri - a nome della maggioranza,
ma qualcuno anche a nome dell'oppopsizione, dovrebbe dare spiegazioni".
Insistono Napolitano e Flick: "Il disegno di legge fu da noi portato
all'approvazione del Consiglio dei ministri nel febbraio del ' 97, dopo
accurate consultazioni e discussioni, cui contribuì, tra gli altri
il procuratore nazionale antimafia Piero Luigi Vigna. Senonchè -
prosegue la nota dei due ex ministri - per due anni e mezzo quel progetto
è rinmasto bloccato nella commissione Giustizia del Senato, nonostante
tutti i passi compiuti da noi e dai nostri sottosegretari finchè
abbiamo avuto responsabilità di governo". Perciò, a questo
punto: "Qualcuno dovrebbe dare spiegazioni".
A nome dell'opposizione risponde subito Maceratini di An ricordando
a Napolitano e Flick che "la maggioranza specialmente al Senato ha i numeri
per procedere come vuole ma, evidentemente, non vuole cambiare la legge".
Di fronte all'ondata di critiche contro l'uso dei pentiti, interviene
il segretario della Quercia Veltroni che fa appello alla razionalità
ricordando che "grazie ai collaboratori di giustizia in Sicilia si è
riusciti a dare colpi che non si era mai riusciti a dare alla mafia. Non
facciamoci prendere da atteggiamenti irrazionali. - invita Veltroni - C'è
un giudizio che ha giudicato innocente l'imputato. Non per questo butterei
a mare uno strumento che ha consentito di vincere molte lotte contro una
mafia che fino al '92 poteva uccidere Falcone e Borsellino".
Dopo Perugia, Andreotti aspetta il verdetto del tribunale di Palermo.
Dove il procuratore Piero Grasso ancora ieri ha ribadito: "Non credo assolutamente
che la sentenza di Perugia potrà influenzare quella dei giudici
di Palermo". E quanto ai pentiti il capo della procura ripete quello che
ha sempre affermato: "Senza il loro contributo non sarebbe stato possibile
ricostruire molte vicende criminali e soprattutto rompere l'omertà
che è da sempre uno dei punti di forza della mafia".
Salvatore Boemi, procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria,
afferma che "in Calabria e Sicilia il pentitismo si è dimostrato
uno strumento efficacissimo, che ci ha consentito di costruire centinaia
di processi di mafia. In Calabria, negli ultimi tre anni sono stati distribuiti
300 ergastoli e migliaia e migliaia di anni di carcere". Risultati che
per Boemi costituiscono la prova che i processi fatti con i collaboratori
di giustizia sono stati, al contrario, pieni di contenuti.
La sentenza di Perugia ha provocato l'entusiasmo degli ex democristiani.
"Però - mette in guardia Martinazzoli - sarei molto guardingo nel
ricavare conseguenze o conclusioni frettolose. Credo che bisognerebbe misurare
gli entusiasmi".
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