Il
freno ai ricorsi in Cassazione va studiato insieme con l’appello
da Il Sole 24 ore del 28.4.99
PAVIA — La Cassazione non deve essere un terzo grado di giudizio. Ma
chi si ricorda del secondo? E si può immaginare una riforma delle
impugnazioni in Cassazione, senza aver prima deciso quale sia il processo
d’appello adeguato all’attuale rito penale? Un appello come l’attuale,
cartolare e identico per tutti i tipi di decisioni di primo grado, è
compatibile con il processo «tendenzialmente accusatorio»,
oggi malridotto ma che pure resta l’obiettivo del giusto processo?
Dopo i magistrati, e dopo le prime reazioni dei politici, parla la
dottrina: sulla scia dell’assemblea della Corte di cassazione, e in sintonia
con le preoccupazioni e alcune proposte di quei giudici, il dipartimento
di Diritto e procedura penale «Beccaria» dell’Università
di Pavia ha tenuto con singolare tempestività la serata (da tempo
programmata) dedicata al "Sistema delle impugnazioni e doppio grado di
giudizio", conclusiva del consueto seminario quest’anno dedicato al "giusto
processo" tra Costituzione e atti internazionali sui diritti umani.
Problema complesso, ben colto da un esempio ricordato a Pavia: tra
qualche giorno la Corte d’assise di Roma pronuncerà la sentenza
per l’omicidio di Marta Russo. Di condanna o assoluzione che sia, costituirà
l’esito di un dibattimento lungo un anno e mezzo, con plurime deposizioni
in aula di testimoni e imputati, con esame e controesame di accusa e difesa,
e viceversa. Ebbene, quando ci sarà il processo d’appello — e ci
sarà — quei giudici decideranno sulla base delle carte la cui lettura
integrale, oltretutto, sarà compiuta solo dal relatore; né
la situazione migliorerebbe se il giudice ritenesse necessario rinnovare
il dibattimento, riascoltando nuovamente tutti: a che servirebbe? E la
sentenza apparirebbe forse più giusta se capovolgesse l’esito del
primo grado (salvo ovviamente il caso dell’acquisizione di prove nuove
e decisive)?
Sbaglierebbe peraltro chi, sbrigativamente, concludesse per un drastico
ridimensionamento del- l’appello. Intanto perché questo problema
non può essere affrontato solo in chiave di funzionalità
ed efficienza del processo, proprio mentre l’attenzione prevalente riguarda
il recupero delle garanzie e non certo l’ulteriore sommarizzazione del
rito. E poi le stesse convenzioni internazionali, come il patto sui diritti
civili e politici, insieme con il diritto al giusto processo (a interrogare
l’accusatore, ecc.), prevedono in caso di condanna il controllo pieno in
un secondo giudizio. Su questo, ha ricordato Paolo Ferrua dell’Università
di Torino, nulla potrebbe neppure la modifica costituzionale.
Una volta ripristinato il giusto processo, non mancano le proposte
per ridurre gli appelli senza ledere le garanzie. Ferrua: impugnazioni
sempre per l’imputato (condanna), non altrettanto per il Pm; casi di impugnazione
alternativa (appello o Cassazione) a scelta dell’imputato; quando sia consentita
la doppia impugnazione, la Cassazione dovrebbe limitarsi all’interpretazione
di legge (configurazione del fatto-reato) e non valutare il vizio di motivazione.
Per Giorgio Lattanzi — già giudice di Cassazione e ora direttore
generale degli Affari penali del ministero della Giustizia — l’attuale
appello è «insensato» rispetto al rito accusatorio,
ma la soluzione risiede soprattutto in formule incentivanti (per il passaggio
in giudicato) e disincentivanti (per le impugnazioni): da sospensioni di
termini prescrizionali dopo il primo grado, al "giudicato progressivo"
che comporta l’accentuazione delle misure cautelari e l’impossibilità
di rivalutare in Cassazione le circostanze aggravanti e attenuanti (spesso
all’origine della dichiarazione di intervenuta prescrizione). E anche l’appello,
più che riconsiderare il fatto, dovrebbe essenzialmente essere il
giudice dell’annullamento (eventuale), con rinvio al giudice di primo grado.
Sulla linea del contenimento dei motivi di appello anche Enrico Marzaduri,
dell’Università di Pisa, che ha proposto di rafforzare i casi di
manifesta infondatezza e inammissibilità, per eliminare i ricorsi
pretestuosi, sempre più diffusi. Perplessità, invece, sul
contemporaneo ridimensionamento della Cassazione, rispetto al vizio di
motivazione, perché il risultato complessivo degli interventi deve
coniugare tre livelli di garanzia: per l’individuo, l’ordinamento, l’efficienza
generale del sistema.
Angelo Ciancarella
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