Garofalo:
non è col sacrificio che si amministra la giustizia
da Il Mattino del 28.4.99
ROSARIA CAPACCHIONE
CASERTA L’assemblea dovrà decidere sullo sciopero la prossima
settimana, ma l’atmosfera in Tribunale è tutt’altro che serena.
La polemica monta, la querelle tra avvocati e presidenza del Tribunale
è apertissima, e la pace sembra lontana. La questione? Quella che
ha portato all’ultima astensione, e cioè il mancato rispetto degli
orari delle udienze e la fine dell’attività dibattimentale entro
le 16,30 (salvo casi eccezionali), pure concordato in una sorta di conferenza
dei servizi tra presidenti di sezione e Camera penale. Ad infiammare gli
animi ci si sono messi due atti di Carlo Alemi, uno formale, l’altro a
mezzo stampa: la lettera inviata l’altro giorno al presidente dei penalisti
e un’intervista nella quale si contesta agli avvocati la scarsa disponibilità
al sacrificio.
«Siamo professionisti, non volontari - replica Giuseppe Garofalo,
presidente dei penalisti di Santa Maria Capua Vetere - e non si può
pensare di amministrare la giustizia pretendendo la buona volontà
di una delle parti. È impensabile ipotizzare di poterci tenere impegnati
in Tribunale per dieci, dodici ore al giorno per ogni giorno di udienza
e spesso senza nessuna ragione seria, e non è certo colpa nostra
se questo palazzo di giustizia affonda sotto il peso di migliaia e migliaia
di fascicoli arretrati. Inoltre, un arco di impegno così lungo non
va a vantaggio neppure dei magistrati, per non parlare di imputati, testimoni
e agenti di polizia penitenziaria. Quel richiamo alla necessità
della buona volontà rischia di essere interpretato come un’offesa
non solo a noi ma alla giustizia intera. Non si può codificare l’arte
di arrangiarsi». In fondo, sostiene Garofalo, i penalisti di Santa
Maria Capua Vetere non chiedono nulla di straordinario: solo il rispetto
di un orario prefissato, così come avviene in ogni Tribunale d’Italia.
L’intervista ma non solo quella. Il giorno precedente, e cioè
lunedì, il presidente Alemi aveva inviato a Garofalo una lettera
nella quale aveva contestato il contenuto della delibera della Camera penale
con la quale si motivava l’astensione fino al prossimo lunedì. «Mi
ha notevolmente stupito - ha scritto Alemi - al punto di farmi quasi dubitare
della reale volontà di portare avanti un dialogo costruttivo».
Era stata reciprocamente accettata, ha in sostanza detto il presidente
del Palazzo di giustizia di S. Maria Capua Vetere, «l’autonomia di
cui ogni organo giudicante è portatore». Quindi, ha aggiunto,
i presidenti delle sezioni hanno accettato l’orario di termine delle udienze
«pur nei limiti della loro autonomia». Se i presidenti delle
singole sezioni decidono volta per volta di sforare l’orario delle 16,30
lo fanno, ha concluso Alemi, legittimamente e quindi, ha concluso, «non
mi sembra che vi siano più le ragioni addotte a sostegno dell’astensione
dalle udienze penali». «Non credo - ha aggiunto alla fine -
mi si voglia richiedere la sottoscrizione di apposito impegno da parte
dei presidenti di sezione». Secca la replica dei penalisti: «E
allora, che accordo abbiamo raggiunto? Quanto alla sottoscrizione, non
ci sarebbe proprio nulla di strano...».
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