Si riaccende il dibattito su giustizia e terrorismo: si parla di indulto e di abolizione dell’ergastolo 

da La Stampa del 28.12.98

ROMA
DALLA REDAZIONE
A due giorni dalla concessione della grazia a Giorgio Panizzari, uno dei fondatori dei Nap (Nuclei armati proletari), Alleanza nazionale ha proseguito la sua solitaria battaglia contro la decisione del presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, mentre il gesto ha fornito lo spunto per il riaccendersi delle polemiche e del dibattito politico e civile intorno agli anni di piombo, alla possibile cancellazione dell’ergastolo e alla proposta di legge sull’indulto che da quattro legislature giace in Parlamento. A credere nella linea dura ad oltranza sono An e i familiari delle vittime. Favorevoli a gesti di clemenza e a una riflessione sul problema sono tutte le altre forze politiche.
“Il presidente Scalfaro colga l’occasione del messaggio di fine anno per chiedere scusa agli italiani per il suo improvviso gesto e si ricordi che la gente per bene vuole i criminali in galera, l’ergastolo per chi uccide e non il premio per chi ha violato le leggi”, ha chiesto l’onorevole Maurizio Gasparri, sottolineando come tra poliziotti uccisi, centinaia di clandestini che entrano illegalmente in Italia, albanesi che sfruttano “impunemente” bambini, “non è certo questa la risposta che l’Italia si attendeva” dal Presidente della Repubblica. Il duro attacco di Gasparri è in linea con la posizione dell’intero movimento. Ieri Giulio Maceratini, presidente dei senatori di An, ha di nuovo accusato il presidente Scalfaro di aver agito per scopi elettorali, parlando di un “qualcuno che tenta la ricandidatura al Quirinale e cerca di ingraziarsi una certa parte politica”. L’invito di Maceratini è a non eliminare l’ergastolo: “Non c’è la pena di morte ed è bene che sia cosi, ma non abbassiamo la guardia, perché un Paese senza ergastolo è un Paese dove ognuno fa il proprio comodo”. Decisa e senza appello è stata invece la condanna del gesto del Presidente della Repubblica da parte dei familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna. “Un gesto incomprensibile e disumano - ha commentato Paolo Bolognesi presidente dell’Associazione -. La grazia data a un criminale omicida non era opportuna. Si è andati al di là della discussione sul riequilibrio delle pene e ancora una volta, purtroppo, ci si è dimenticati delle vittime”.  Parole che Giandomenico Pisapia, ex presidente della commissione Giustizia, Indipendente di Sinistra, ha prontamente smentito. “Il presidente Scalfaro ha lanciato un segnale, sta al Parlamento coglierlo. Si è sempre detto pensiamo innanzitutto alle vittime. E innanzitutto alle vittime abbiamo pensato provvedendo a emanare la legge sulle famiglie delle vittime del terrorismo. Adesso è giunto, dunque, il momento di risolvere definitivamente il problema di chi è ancora in carcere avendo scontato già una gran parte della pena in una situazione in cui è da tutti riconosciuta l’esistenza d’un sovrappiù di pena anni fa giustificato dall’esistenza d’un periodo di emergenza, ora non più”. “Un’accusa ridicola e inaccettabile”, ha definito il deputato verde Paolo Cento l’attacco di An. “Il Presidente - ha proseguito il deputato - ha, invece, compiuto un gesto di grande rilevanza umanitaria e politica, peraltro coraggioso perché ripropone il problema del superamento delle conseguenze giuridiche degli anni di piombo”. Un provvedimento “giusto” anche per il leader dei Verdi Luigi Manconi, che ha ricordato come “esista il problema dei parenti delle vittime, ma per essi il risarcimento sarà sempre poca cosa. Invece per la società 28 anni sono un periodo di tempo sufficiente”. 
Il sottosegretario alla Giustizia Franco Corleone ha voluto collocare in una cornice più ampia il gesto del presidente Scalfaro interpretandolo come “un incoraggiamento per l’abolizione dell’ergastolo”. Un invito esplicito al Capo dello Stato proprio a “allargare lo sguardo a tutto il quadrante della presunta eversione e, nel dare la grazia, a scegliere prima di tutto coloro che con l’eversione non hanno avuto a che fare” è stato rivolto dall’ex senatore socialista Domenico Pittella che sta scontando nel carcere romano di Rebibbia una condanna a 12 anni e un mese di reclusione inflittagli a conclusione del processo “Moro ter”.