Cassazione, colpo ai maxiprocessi 

da La Repubblica del 28.1.99

di ATTILIO BOLZONI 
PALERMO - Una sentenza della Cassazione rischia di cancellare centinaia di dibattimenti, di far tornare in libertà decine e decine di boss mafiosi, di far cadere in prescrizione i reati contro la pubblica amministrazione e quelli di Tangentopoli. Una sentenza che ha riaperto le polemiche sulla giustizia.
L’allarme è stato lanciato ieri dal procuratore capo della Repubblica di Palermo Gian Carlo Caselli e da uno dei suoi tre vice, il procuratore aggiunto Sergio Lari. Il procuratore Caselli è volato a Roma e ha incontrato in serata il ministro di Grazia e giustizia Oliviero Diliberto per discutere la questione. Dalla Sicilia, intanto, il procuratore aggiunto Lari ha già avvertito che gli effetti di quel pronunciamento della Corte “rischiano di essere davvero devastanti”. 
Di che cosa si tratta? 
C’è stata una sentenza - udienza del 15 gennaio scorso a sezione unite - che non consente la lettura in aula delle dichiarazioni dei testimoni che hanno deposto in processi proseguiti poi “davanti a un collegio diversamente composto per impedimento o trasferimento di uno dei giudicanti”. In sostanza, in caso di trasferimento di un presidente di Corte di Assise o di un giudice a latere, con la nuova sentenza sarebbe indispensabile il riesame della persona che aveva reso precedentemente quelle dichiarazioni. Il rallentamento dei dibattimenti diventerebbe così automatico, il rischio della scarcerazione di imputati anche per omicidio sarebbe reale, così come sarebbe praticamente scontata la prescrizione di reati contro la pubblica amministrazione. Il commento del procuratore capo Gian Carlo Caselli - che ieri sera è intervenuto al “Maurizio Costanzo Show” - è stato molto secco: “L’avere stabilito che cambiando il collegio si ricomincia, per Palermo significherà rifare tre anni di processi”. Tra i processi siciliani “a rischio” c’è innanzitutto quello a Giulio Andreotti, imputato a Palermo di associazione mafiosa. Iniziato con il giudice a latere Vincenzina Massa, il processo al senatore a vita - dopo l’abbandono del giudice Massa per una malattia agli occhi - è ricominciato qualche mese dopo (dando per acquisite una serie di testimonianze come quelle dei collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Gioacchino Pennino) con l’inserimento del giudice a latere Antonio Balsamo. La reazione di Roberto Scarpinato, uno dei due pm del processo Andreotti è sconsolata: “Vedremo cosa accadrà”.
Ma sono tanti altri i dibattimenti che subiranno con questa nuova sentenza della Cassazione un colpo duro: quello per l’omicidio di Salvo Lima e quello per la morte di don Pino Puglisi, quello sui delitti Montana e Cassarà e quello sulla Tangentopoli siciliana che coinvolge 29 imputati fra uomini politici e imprenditori. E’ probabile che tra i processi “a rischio” rientri anche quello di Caltanissetta per la strage di Capaci. Della sentenza della Corte di Cassazione ne sono venuti a conoscenza ieri mattina il procuratore Caselli e Sergio Lari, uno dei suoi tre aggiunti. Ha spiegato Lari ai giornalisti: “Certo, bisogna attendere la motivazione della sentenza, ma la situazione è davvero allarmante”. E ha aggiunto: “La massima è stringata per valutare le conseguenze sui dibattimenti in corso e su quelli già definiti in primo e secondo grado, non nascondiamo però che l’allarme scaturisce dalla lettura del dispositivo perché in numerosi processi palermitani nei quali c’è stata la mutazione del collegio si può verificare un rallentamento del dibattimento con la conseguente scarcerazione di imputati per mafia o omicidio”. E ha commentato ancora Gian Carlo Caselli nel suo lungo intervento al “Costanzo Show”: “Azzardo che i cittadini siano ormai stanchi dei grandi proclami, di vedere prevalere la forma sulla sostanza: chiedono scelte precise e coerenti”. Contro le dure parole del procuratore capo sono intervenuti i giudici della Suprema Corte: “E’ un attacco sconcertante per una sentenza che ancora non c’è. Caselli usa la contraerea. Forse sta suggerendo ai giudici come motivare la loro decisione, in modo da non dare fastidio ai suoi processi”.