Nuove regole sui testimoni ed è allarme scarcerazioni

da Il Corriere della sera del 28.1.99

ROMA - Se durante il dibattimento cambia anche un solo magistrato del collegio giudicante, il
testimone deve ritornare in aula a ripetere le sue dichiarazioni. È questo il senso del dispositivo della
recente sentenza della Cassazione che ha fatto scattare l’allarme alla Procura di Palermo. Oltre al
processo Andreotti (andrebbe risentito Buscetta), sono considerati «in pericolo» (scarcerazione dei
boss, prescrizione dei reati) anche quelli per gli omicidi dell’eurodeputato Salvo Lima, del sacerdote
Pino Puglisi, dei funzionari di polizia Beppe Montana e Ninni Cassarà. 
E il procurato- re capo Giancarlo Caselli tutto questo lo ha detto al presidente dell’Antimafia, Ottaviano Del Turco, e al guardasigilli Oliviero Diliberto che ha incontrato in via Arenula proprio la sera in cui il suo sfogo è andato in onda con il «Costanzo Show»: «L’aver stabilito che cambiando il collegio si ricomincia, per Palermo significherebbe rifare tre anni di processi. Non tocca a me segnalare, ma azzardo che i cittadini sono stanchi dei grandi proclami, di veder prevalere la forma sulla sostanza; chiedono scelte precise e coerenti». Ma poi una nota d’agenzia, citando alcuni giudici, ha riferito il clima di irritazione che regnerebbe in Cassazione dopo la dura reazione della Procura di Palermo: «È un attacco sconcertante per una sentenza che ancora non c’è. Forse Caselli con questo “fuoco di sbarramento” sta suggerendo ai giudici che la devono ancora scrivere di motivare la loro decisione con altre ragioni, che non diano fastidio ai suoi processi...». 
La sentenza delle sezioni unite penali scaturisce dal ricorso di un «signor nessuno» di Benevento assistito dall’avvocato Carlo Taormina, lo stesso legale che difende alcuni imputati messi sotto accusa dal pool di Caselli. Spiega il difensore: quando viene modificato il collegio, «non è possibile che un giudice ascolti una testimonianza, e un altro giudichi l’imputato». 
E così, a Palermo, diventa «a rischio» il processo Andreotti che si celebra davanti a un collegio di Tribunale modificato: il giudice Antonio Balsamo ha infatti sostituito la collega Vincenzina Massa, colpita da una malattia a un occhio. Prima erano stati ascoltati i collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Gioacchino Pennino, imputati di reato connesso e non «testimoni in senso stretto». Ma Sergio Lari, uno dei procuratori aggiunti di Palermo, già pensa al peggio: «Bisogna attendere la motivazione della sentenza. Ma gli effetti possono essere devastanti, perché in numerosi processi palermitani [...] si può verificare un rallentamento del dibattimento, con la conseguente scarcerazione degli imputati per mafia o per omicidio e la prescrizione dei reati contro la pubblica amministrazione».
Ma due noti deputati-penalisti, uno della maggioranza e uno dell’opposizione, replicano duramente al pool. Giuliano Pisapia (ex Prc): «Dobbiamo chiederci se vogliamo la giustizia o i processi sommari che rischiano di condannare gli innocenti e lasciare liberi i colpevoli». Il collega Gaetano Pecorella (FI): «Su questa strada il modo più rapido per fare giustizia è impiccare subito l’imputato. Ma il processo ha le sue regole, non possiamo abbandonarle per problemi di celerità». E tutto questo è successo nelle stesse ore in cui le modifiche presentate dai Democratici di sinistra al disegno di legge costituzionale sul «giusto processo» e sul «513» (verrebbero salvati i verbali dei testimoni che non si presentano in aula se sottoposti a minacce) hanno scatenato la dura reazione del Polo: «È una marcia indietro, un ribaltone». 
Dino Martirano,