“Così
si aprono le celle ai boss”
da La Stampa del 28.1.99
PALERMO
Procuratore aggiunto Sergio Lari, come giudica la sentenza delle
sezioni unite della Cassazione che impone ai collegi giudicanti che
hanno
subito variazioni nel corso del dibattimento di riascoltare i testi?
“Non nascondo il fatto che siamo allarmati, dopo aver letto il dispositivo
della
sentenza che potrebbe portare alla scarcerazione di boss mafiosi, per
decorrenza
dei termini, oppure alla prescrizione dei reati contro la pubblica
amministrazione.
Riconvocare una seconda volta i testi in aula significa allungare i
tempi del
dibattimento, con il rischio di mandare in fumo anni di lavoro dei
magistrati e degli
investigatori, perché molti reati vanno in prescrizione e ai
giudici non resta altro che
assolvere gli imputati”.
Che cosa accadrà adesso a quei processi palermitani che sono
ritenuti più
esposti?
“Non lo sappiamo ancora. La notizia di questa sentenza è arrivata
questa mattina
(ieri, ndr) e ho subito parlato con il procuratore Caselli, in procinto
di partire per
Roma. In ufficio siamo ancora in pochi a conoscere questo nuovo dispositivo
della
Suprema Corte. Per il momento non è stata convocata alcuna riunione,
l’argomento
sarà trattato nei prossimi giorni, quando avremo le idee più
chiare per affrontare
questo nuovo provvedimento”.
Procuratore, ritiene che il rischio-scarcerazioni di imputati di mafia
sia
concreto?
“La “massima” che racchiude in cinque righe la decisione della corte
è troppo
stringata per poter valutare adesso le conseguenze della sentenza sui
dibattimenti in
corso o su quelli già conclusi in primo e secondo grado. Per
essere più precisi
bisogna leggere le motivazioni che avremo nelle prossime settimane.
A Palermo i
casi di processi nei quali è intervenuta una mutazione del collegio
giudicante sono
numerosissimi e tutti potrebbero essere travolti da questo dispositivo”.
Qual è il motivo per cui ci sono state tante variazioni nei
collegi dei
tribunali e delle corti d’Assise?
“Si era verificato che molti colleghi della giudicante sono stati trasferiti
da un
incarico all’altro. Alcuni presidenti di sezione di tribunale sono
passati alla corte
d’Appello e in Assise, variando così il collegio. Trasferimenti
si sono registrati anche
per i giudici a latere, per ragioni sanitarie oppure perché
avevano chiesto il
passaggio ad altro ufficio. Tutto ciò rientra in un normale
avanzamento delle
carriere”.
Vi siete fatti un’idea di quanti dibattimenti potrebbero essere ripresi
dall’inizio oppure rischiano di essere cancellati a causa delle prescrizioni?
“E’ ancora troppo presto per dirlo, un monitoraggio non è ancora
stato disposto, ma
ritengo chi i maggiori processi, sia di mafia che per reati contro
la pubblica
amministrazione, potrebbero subire forti contraccolpi, se si pensa
che molte
inchieste sono approdate a dibattimento dopo anni di indagini e accertamenti.
Adesso sembra che la corte abbia stabilito il principio che bisogna
ricominciare, se
non da zero, rifacendo comunque parecchio del lavoro già svolto.
Sarà dunque
inevitabile la scarcerazione di molti imputati per decorrenza dei termini
di custodia
cautelare”.
A questo punto, si può parlare di amnistia mascherata?
“Se non leggo la sentenza non posso dirlo”.
Il dispositivo fa riferimento alle dichiarazioni che vengono rese dal
testimone. Secondo lei, potrebbe valere anche per i pentiti che sono
considerati imputati di reato connesso?
“Potrebbe darsi, perché di fatto i collaboratori di giustizia
quando non sono imputati
nei processi in cui vengono chiamati a deporre, rendono dunque testimonianza,
per
cui non si può escludere che anche gli imputati di reato connesso
siano soggetti alle
conseguenze di questa nuova sentenza”.
Lirio Abbate
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