Giudici in rivolta: ci difenda
il Csm
da La Stampa del 28.11.99
MILANO
SONO tranquillo», dice il giudice Alessandro Rossato, mentre
cortese chiude la porta del suo ufficio. Ma se è così, è
davvero l’unico, in questa giornata che registra più di una polemica
dopo gli attacchi di Silvio Berlusconi «a certi giudici che sono
come un cancro». Perché in questa nuova bufera che investe
il Tribunale di Milano, le associazioni di categoria e pure il Csm, c’è
da registrare di tutto meno la tranquillità. Anche se gli accenti
sono diversi, anche se non tutti i giudici sono apertamente a fianco del
loro collega, che venerdì ha disposto il rinvio a giudizio di Berlusconi.
Il primo a intervenire è Renato Samek Ludovici, capo dei gip
milanesi, diretto superiore del giudice Rossato: «Tocca al Csm, tutelare
la dignità professionale dei magistrati ed evitare che si formi
un’immagine distorta della giustizia». E ancora: «Ci vuole
un intervento tempestivo ed incisivo, pena la mortificazione del singolo
giudice. Bisogna distinguere il clamore di un insulto da una critica seria.
Non è legittimo aggredire un giudice, solo perché la sua
decisione non piace».
L’invito a far intervenire il Csm viene raccolto subito da Armando
Spataro. Pochi giorni fa aveva chiesto un plenum contro l’ipotesi Cossiga
di una commissione su Tangentopoli, il giorno dopo il rinvio a giudizio
di Berlusconi rilancia: «Il Csm, guidato dal presidente Ciampi, deve
lanciare un messaggio istituzionale di assoluta inaccettabilità
di certe denunce. L’attacco contro il giudice Rossato riguarda le regole
fondamentali della democrazia. Non è possibile che il Csm resti
in silenzio».
Ma la richiesta del consigliere Spataro non raccoglie unanimità
di vedute a Palazzo dei Marescialli. Almeno, al vertice dell’organo di
autogoverno dei giudici. Un invito a non avere fretta arriva infatti da
Giovanni Verde, vicepresidente del Csm: «Non porrò immediatamente
il problema all’ordine del giorno. Sarà il plenum a decidere se
rientra nei nostri compiti la difesa di un singolo magistrato oppure la
difesa dell’istituzione nel suo complesso». Della vicenda Berlusconi,
Verde non vuole parlare. Ma ammette «che la magistratura è
sempre stata al centro di grossi contrasti». Un invito a non alimentare
altre polemiche arriva anche dal presidente dell’Anm Mario Cicala: «Non
bisogna dare spazio a polemiche sterili, pretestuose e folcloristiche.
Le parole di Berlusconi si commentano da sole».
Ma in tarda serata arriva un documento dell’Anm: «Inammissibili
gli attacchi rivolti ai magistrati». Più o meno le stesse
parole di Francesco Saverio Borrelli, procuratore capo a Milano: «Certe
parole sono gratuiti insulti, chi ha la coscienza a posto non si sente
nemmeno sfiorato da certe accuse. Confido che il Csm e l’Anm assumeranno
iniziative per arginare certi truculenti interventi». Il procuratore
capo Gerardo D’Ambrosio sceglie invece la via del silenzio, per non alimentare
altre polemiche. A qualche collega, affida solo poche e velenose parole
all’indirizzo di Berlusconi: «Certe intimidazioni sanno solo di follia.
Mi sembra che questa sia solo una polemica preelettorale».
Che la decisione del gip Rossato contro Berlusconi arrivi a due giorni
dalle suppletive lo hanno notato tutti. Per il capo dei gip Samek è
solo un caso: «La data non dipende dal giudice. Esiste un sistema
automatico di assegnazioni». Ma la formalità del processo
viene contestata dall’ex presidente dell’Anm Antonio Martone: «Avrei
aspettato qualche giorno, bisognava evitare qualunque sensazione di interferenza
tra giudici e politica». E ancora: «Il leader del Polo deve
avere fiducia nella giustizia. Ma certe coincidenze temporali, anche non
volute, possono dare la sensazione di qualche interferenza. L’esigenza
fondamentale è evitare il più possibile la sensazione di
strumentalizzazioni reciproche».
Parole misurate, dette con il contagocce, che incrinano il muro che
da sempre aveva difeso i giudici di Milano finiti sulla strada di Silvio
Berlusconi. Che un’epoca sia definitivamente tramontata? Sembrerebbe di
sì, anche se a fianco del giudice Rossato, del pool di Mani pulite,
del palazzo di giustizia che da sette anni macina avvisi di garanzia e
processi, continua ad esserci più di una voce autorevole.
Sia all’interno del Csm - «Bisogna dire basta, ci vuole una linea
di confine contro certi attacchi», assicura Nello Rossi di Md, la
corrente progressista dei giudici che vuole una riunione del plenum con
Ciampi - sia tra le figure storiche della magistratura italiana. A partire
dal procuratore antimafia Piero Luigi Vigna: «L’onorevole Berlusconi
ha detto, consapevolmente, le cose che ha detto e altrettanto consapevolmente
sa che non sono vere». Passando dal direttore del Dap Giancarlo Caselli:
«Se avessi titolo per rispondere a Berlusconi, la mia risposta sarebbe
un po’ indignata». Fino ad arrivare ad Antonino Caponnetto, padre
del pool antimafia di Palermo: «Giudici, ribellatevi. Quella che
prima era una malattia ora è diventata un cancro nel corpo della
giustizia. Davanti a certe parole, mi aspetto che l’Italia reagisca».
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