Diliberto: nessuno scambio ma solo
un atto umanitario
da La Repubblica del 28.10.99
di LIANA MILELLA
ROMA - È appena finito il consiglio dei ministri. E c'è
un sole lattiginoso che rischiara il nuovo look di palazzo Chigi ancora
nascosto da qualche ponteggio rossiccio. Il Guardasigilli esce tra i primi,
s'infila in un vicolo seguito discretamente dalla scorta. I soliti Rayban
scuri gli fanno da schermo. Quando si siede nel salottino di un bar è
rilassato, pronto per un caffe macchiato e un sigaro. Dalla mazzetta dei
giornali spuntano i titoloni dell'affaire Craxi. Sul quale Oliviero Diliberto
ci tiene a mettere in chiaro subito una certezza politica. Che è
questa: "So bene che cosa si dice in giro. Le voci di un possibile ricatto
al governo sono arrivate anche a me. Ma non corrispondono al vero. Perché
questa è un'operazione alla luce del sole. Non ci sono scambi, né
tantomeno sotterfugi. Ci sono, e sono davanti agli occhi di tutti, delle
norme del nostro codice. Che valgono per ogni condannato che, per avventura,
sia anche ammalato. E Craxi è un uomo ammalato. Tutto qui".
Un momento, ministro Diliberto. Perché la questione è
delicata sotto molti aspetti. Lei dice che è tutto chiaro, ma ammetterà
che le coincidenze fanno pensare a tutt'altro. Boselli che va da D'Alema
e...
"...E che cosa? No, su quest' impostazione mi dispiace, ma non la seguo.
Glielo ripeto: qui non c'è alcun rischio o sospetto di possibili
scambi. C'è solo ed esclusivamente una pura coincidenza temporale
tra il ricovero di Craxi in una clinica di Hammamet e una difficile situazione
politica, che peraltro preesisteva".
E allora perché D'Alema, dopo la visita del segretario dello
Sdi, ha dato il via libera politico al ritorno di Craxi?
"Perché stiamo parlando di un uomo malato. Sulla cui situazione
la magistratura milanese, e più precisamente il procuratore generale
Borrelli e il tribunale di sorveglianza, diranno cosa vogliono fare. E
si tratta di magistrati che in questi anni hanno dato prova di saper esercitare
un'intransigente difesa della propria indipendenza".
Dunque, secondo lei, quasi non esiste un caso Craxi?
"Esiste il caso di un uomo malato che, come tutti gli altri uomini
ammalati, può richiedere un beneficio penitenziario. Un beneficio
che, in casi gravi, è sempre stato applicato. In tutto questo il
governo non c'entra".
Però Craxi è stato un importante uomo politico.
"Mi sembra non c'entri nulla. Stiamo parlando dell'applicazione di
una legge dello Stato, non delle responsabilità del politico Craxi".
Non si arrabbi, ma ci aiuti a capire. Prima ancora del sì politico
di D'Alema, ieri il procuratore di Milano Gerardo D'Ambrosio aveva dato
il suo assenso, prevenendo addirittura il tribunale di sorveglianza. Non
si è spinto troppo avanti?
"Mi pare che il capo della procura di Milano abbia svolto considerazioni
di ordine generale e che, soprattutto, sono in linea con il nostro ordinamento".
Ma D'Alema ha detto a Boselli che avrebbe subito parlato con lei. Qual
è il ruolo del ministro della Giustizia in tutta questa storia?
"È quello di tenere saldo un principio, di cui si sta discutendo
molto in questi giorni: la difesa intransigente dell'indipendenza della
magistratura. A Palermo, come a Milano. Non è un caso che sia una
questione su cui si è pronunciato con nettezza anche il presidente
della Repubblica".
In soldoni, che cosa vuole dire?
"Che in questo Stato esistono delle leggi, approvate dal Parlamento
nella sua piena sovranità. E che solo i magistrati devono interpretarle
ed applicarle. Senza bisogno che la politica intervenga per dire come e
quando".
E quindi tornando a Bettino Craxi?
"Su di lui e sull'eventuale differimento della pena saranno i giudici
a esprimere una valutazione autonoma".
Insomma, verrebbe applicata una normale e del tutto regolare legge
dello Stato.
"Non sono stato abbastanza chiaro? Il nostro ordinamento prevede che
le persone malate in modo grave possano non scontare la pena in carcere.
In base al principio costituzionale secondo cui tutti sono uguali di fronte
alla legge, questa regola vale anche per Craxi. Mi sembrerebbe del tutto
sbagliato non applicare all'ex segretario del Psi una norma che gli è
favorevole solo perché si chiama Craxi".
Ministro, mi scusi se insisto. Ma la gente è convinta che, invece,
il suo caso venga trattato come eccezionale. Insomma che ci siano dei privilegi.
"E non è così. Perché non è la prima volta
che i malati gravi vengono esclusi dalla detenzione".
Non lo state riabilitando?
"Questo rischio non esiste. D' altra parte, durante la mia storia politica
anche all'interno del Partito comunista, sono stato tra coloro che non
hanno mai demonizzato il Psi, ma non ho neppure avuto mai atteggiamenti
subalterni. Stavolta però la questione non è politica, ma
eminentemente tecnica".
Di Pietro, invece, è per una linea di assoluta fermezza: Craxi
dovrebbe essere trattato come un qualsiasi detenuto e tornare in Italia
passando per la cella...
"Non amo l'esibizione dello Stato vendicatore per nessuno e il tintinnar
di manette non mi è mai piaciuto granché".
Lei definirebbe Craxi un "esiliato"?
"L'ex segretario del Psi è un cittadino italiano che ha scelto
deliberatamente di risiedere all' estero dopo una condanna".
È convinto che sia stato fatto tutto il possibile per farlo
tornare in Italia con una regolare estradizione?
"Di richieste ce ne sono state molte. Ma molti stati stranieri, e tra
questi la Tunisia, rispondono picche. Per quanto mi riguarda, da ministro
della Giustizia, ho fatto tutto quello che c'era da fare".
Il procuratore D'Ambrosio ipotizza una domanda di grazia a cui lo Stato,
facendo in questo caso una scelta politica, potrebbe anche dire di sì.
Lei cosa ne sa?
"Che ci deve essere una richiesta del diretto interessato o dei suoi
parenti stretti. Il sì o il no spetta al capo dello Stato. Il mio
compito sarebbe solo quello, eventualmente, di istruire la pratica".
Ma non sarà che in carcere ci vanno solo i ladri di galline?
Dopo i casi Andreotti, All Iberian e Craxi l'opinione pubblica appare sconcertata
e, perché no, in alcuni casi anche arrabbiata.
"C'è, anche in questo caso, una semplice coincidenza. Nel giro
di pochi giorni, giudici diversi di città diverse - Perugia, Palermo,
Milano - hanno emesso delle sentenze. E non si può di certo pretendere
che sia la politica a emettere sentenze. Si stanno concludendo dei processi
e i giudici, nella pienezza della loro indipendenza, sono i soli a decidere.
Il governo non c'entra nulla. E mi pare che questa sia una garanzia per
tutti i cittadini, non soltanto per quelli definiti potenti".
Non ci sono due pesi e due misure, una per gli scippatori, l'altra
per i protagonisti della politica passata o attuale?
"È un'impressione non vera. A guardar bene, i giudici assolvono
anche tanti poveri digraziati laddove non vi siano le prove della colpevolezza.
Non assolvono solo i big, a riprova che viviamo per davvero in uno Stato
di diritto. In cui, vale la pena di sottolinearlo dopo tante polemiche
del Polo, non c'è alcuna forma di subalternità dei giudici
rispetto ai pubblici ministeri".
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