Allarme dei giudici per un obbligo
del Ddl sul rito monocratico in Aula da oggi al Senato
da Il Sole 24 ore del 28.9.99
ROMA — C’è il rischio che gli uffici dei Gip (giudici delle indagini
preliminari) siano "decimati" dalla rotazione triennale obbligatoria prevista
dal disegno di legge sul rito monocratico in discussione al Senato. Una
rotazione introdotta nel testo della "Carotti" dalla commissione Giustizia
di Palazzo Madama e che potrebbe avere effetti disatrosi sull’organizzazione
della macchina giudiziaria.
La mobilità dei Gip coinvolgerebbe subito centinaia di giudici
in servizio. A Milano dovrebbero essere sostituiti 27 giudici su 31, a
Torino 17 su 22, a Roma 25 su 36. C’è il rischio, poi, che la rotazione
abbassi la professionalità di chi lavora in questi uffici, nevralgici
per il processo penale, perché i magistrati vi transiteranno per
un periodo troppo breve a capirne i meccanismi. C’è il pericolo
che la rotazione senza proroghe — salvo per soli tre mesi e per portare
a compimento singoli atti, non il procedimento — faccia perdere un sacco
di tempo alla giustizia in quanto ogni nuovo giudice dovrà studiare
i fascicoli, spesso faldoni alti qualche metro, ereditati dal collega uscente.
C’è infine il rischio che le incompatibilità si allarghino
a macchia d’olio, fino a rendere i piccoli uffici praticamente ingestibili.
A mettere in fila i rischi della nuova norma è stato il vicepresidente
dell’Anm, nonché Gip a Milano, Claudio Castelli. E il suo accorato
allarme non sembra essere caduto nel vuoto. «È una preoccupazione
sulla quale l’Aula non mancherà di approfondire la discussione»,
ha detto Michele Pinto, presidente della commissione Giustizia del Senato
e relatore del provvedimento. La genesi dell’articolo (il 60 del lungo
Ddl) è incerta. Forse la rotazione, accanto all’obbligo di far entrare
negli uffici Gip solo magistrati che abbiano svolto per due anni le funzioni
di giudice del dibattimento, è un "residuo" dell’iniziale idea,
poi abbandonata, di introdurre l’udienza predibattimentale al posto di
quella preliminare e di affidarla a un giudice del dibattimento.
Però è sopravvissuta l’idea della rotazione: in pratica,
i giudici del dibattimento dovrebbero fare a turno i Gip. Con un inconveniente
non secondario: tutto l’impianto del giudice unico fa perno, tra l’altro,
sulla necessità di trovare rimedi alle numerose incompatibilità,
soprattutto tra Gip e giudice dell’udienza preliminare (Gup) introdotte
dalla Corte costituzionale. Questa norma scardina il sistema studiato per
rimediare alle incompatibilità. «Per sostituire in un Tribunale
venti Gip — ha spiegato Castelli — bisognerà far ricorso ai giudici
del dibattimento». Quando saranno stati Gip, però, i magistrati
non potranno tornare a giudicare perché — soprattutto nei piccoli
Tribunali — potrebbero ritrovarsi a decidere sui processi da loro seguiti
in qualità di Gip. A questo punto dovrebbero transitare al settore
civile. Con l’evidente dispersione di professionalità.
«Nei piccoli e medi Tribunali la situazione è gia ingestibile
e ora rischia di diventare drammatica», è la conclusione di
Castelli. «In moltissimi casi non è sufficiente un solo Gup
per un procedimento, come accade nel caso abbia concesso il patteggiamento
o il rito abbreviato. Se creiamo con il tetto dei tre anni per i Gip una
situazione di ulteriore rotazione, nei piccoli uffici ci saranno passaggi
continui dei giudici dal settore civile a quello penale».
Infine, e non è aspetto di secondaria importanza, i giudici
del dibattimento che a rotazione saranno chiamati all’ufficio Gip, ha osservato
il vicepresidente dell’Anm, «avendo già processi incardinati,
o svolgeranno le funzioni di Gip a mezzo servizio o dovranno rinviare i
loro processi».
Insomma, l’esito di questo cambiamento sarà la formazione di
«un ufficio di precari, dunque debole, tutt’altro che il contraltare
ai pubblici ministeri forti che da tempo si vuole creare». Infatti,
se i Gip ruoteranno per i Pm non varrà però la stessa regola.
«Sono favorevole a un tetto massimo di permanenza — ha ammesso il
magistrato milanese — ma non così breve: si dovrebbe pensare a un
limite di otto-dieci anni».
Tocca al Senato decidere la questione, insieme alle tante altre — pure
spinose — sollevate dal Ddl Carotti. Oggi, tuttavia, l’esame da parte dell’Aula
potrebbe subire uno slittamento a favore di un altro provvedimento in lista
d’attesa: le competenze penali del giudice di pace.
Roberta Miraglia
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