‘Principi
fissati dalla Consulta. Il giudice deve decidere in base a ciò che
avviene in udienza’
da Il Giornale di Sicilia del 29.1.99 ROMA. La Corte di Cassazione getta acqua sul fuoco: non è vero
che alcuni processi dovranno ricominciare da zero per ‘colpa’ della decisione
sui testimoni presa dalle Sezioni unite penali della Suprema corte che
risale al 15 gennaio scorso (e della quale ancora non sono state pubblicate
le motivazioni). Dopo l’allarme lanciato dai magistrati di Palermo sulla
possibilità che processi importanti (come ad esempio quello contro
il senatore Giulio Andreotti o contro pericolosi killer di mafia) possano
subire lunghi rallentamenti o la prescrizione, in Cassazione si ribatte
che si tratta di una denuncia ingiustificata. Il testimone - hanno spiegato
ieri ai giornalisti fonti della Corte di Cassazione - dovrà essere
riascoltato solo se le sue dichiarazioni sono ritenute essenziali ai fini
della decisione. Nessun azzeramento, quindi, né nessuna decisione
che riguardi imputati di reati connessi. Si tratta solo di testimoni che
svolgono un ruolo essenziale ai fini della sentenza. Il 15 gennaio scorso
alle sezioni unite della Suprema Corte era stato chiesto di valutare se
la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese da un testimone, davanti
ad un collegio di diversa composizione e in altra udienza, fosse consentita
anche nel caso in cui le parti non avessero dato il loro consenso o nel
caso in cui si fossero opposte. E se quindi non fosse necessario invece
riascoltare la persona che aveva parlato in aula di fronte a una corte
diversa. Per i Supremi Giudici di piazza Cavour, che si sono riuniti per
un ricorso dell’avvocato Carlo Taormina, il testimone, la cui deposizione
sia essenziale per la decisione deve essere di nuovo citato e sentito.
Certo, a meno che ciò non sia possibile in via permanente. In tal
caso la lettura dei verbali è consentita. In sostanza, quando è
cambiato un componente della corte durante il processo, è necessario
‘far riascoltare al collegio giudicante le testimonianze essenziali per
formare il convincimento di colpevolezza o innocenza’. E ciò in
ossequio al principio che la prova nel nuovo processo penale va ‘formata’
nel dibattimento. La Cassazione ha quindi, si fa sempre notare, aderito
ai principi della Corte Cositiuzionale che sul tema si è espressa
con due pronunce (1994 e 1996) e ha accolto un orientamento che è
‘prevalente in giurisprudenza’ e pressochè unanime tra i giuristi.
Quali saranno le conseguenze? In pratica la corte di appello dorvà
rinnovare esclusivamente la testimonianza, in quanto è inutilizzabile
secondo il codice di procedura penale, a condizione però che sia
essenziale per la sentenza. Il testimone, che ha l’obbligo di presentarsi
(altrimenti rischia l’accompagnamento coatto) può confermare le
dichiarazioni già rese in aula precedentemente o formularne delle
altre diverse in tutto o in parte. In questo caso il giudice, su richiesta
del pm - o direttamente - può contestare le difformità. In
modo che, così, delle dichiarazioni precedentemente rese si può
tenere ugualmente conto ai fini della decisione. In attesa delle motivazioni
della sentenza restano però diversi aspetti oscuri: chi decide se
il testimone da riascoltare è ‘essenziale’? La corte da sola o serve
il consenso delle parti? E se qualcuna delle parti, pm o legali, non è
d’accordo può fare ricorso per richiamare qualche altro teste? In
questo caso non si rischiano davvero, come sostiene la Procura di Palermo,
tempi biblici per venire a capo di tutta la procedura? Re. Pol.
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