«Vanno
rispettati i princìpi base Anche per i processi di mafia»
da Il Mattino del 29.1.99
FRANK CIMINI
Identità e immutabilità del giudice sono tra i più
importanti principi del processo. E i principi devono valere per tutti
i tipi di imputati, compresi gli imputati di mafia. In caso contrario non
vi sarebbe più lo Stato democratico» dice Gerardo D’Ambrosio,
procuratore aggiunto di Milano.
E allora perchè il suo collega Giancarlo Caselli è andato
di corsa dal ministro della Giustizia Diliberto a lamentare i rischi sui
processi che saltano e gli imputati eventualmente da scarcerare a causa
dei tempi che s’allungano per riconvocare i testimoni?
«Caselli parla delle conseguenze, ma qui non siamo davanti a
una interpretazione della Cassazione. La Suprema Corte non fa altro che
ribadire quanto sta scritto da tanto tempo in un principio fondamentale.
Se cambia un giudice in un Tribunale o in una corte d’Assise bisogna ricominciare
da capo. Deroghe non sono possibili. Caselli questo lo sa, io non ho capito
cosa vuole, ma nello stesso tempo non voglio fare polemica con lui».
Anche a Milano ci sono processi nelle stesse condizioni di quelli palermitani?
«No, assolutamente. Al processo per i morti all’ospedale Galeazzi,
per esempio, una collega giudice era incinta. Ê stato tutto sospeso
in attesa che lei torni al lavoro. Al processo ”Berlusconi-Guardia di finanza”,
lo sapete meglio di me, alla modifica del collegio seguì l’azzeramento
e si ricominciò daccapo».
C’è qualche soluzione?
«Le semplice lettura dei verbali davanti al nuovo giudice non
basta perchè sarebbe parziale, non rifletterebbe una situazione
completa di giudizio. Nel caso esistesse la videoregistrazione delle deposizioni
già avvenute con il vecchio collegio, ecco, quello sarebbe un altro
discorso. La videoregistrazione potrebbe essere equiparata alla presenza
in aula di chi prima non c’era.
E i giudici supplenti?
«Esistono già in corte d’Assise ma si tratta solo di giudici
popolari. Con l’attuale carenza di organici non sarebbe possibile avere
anche i supplenti togati. Ê anche un problema di mentalità
e di cultura. Negli Stati Uniti c’è pure il chirurgo di riserva
mentre il titolare opera. In Italia no. Se al chirurgo arriva l’infarto
mentre lavora, ne paga le conseguenze anche il paziente. Ma per la verità
torniamo in fondo sempre ai soliti problemi. Bisognerebbe celebrare meno
dibattimenti, intensificando il ricorso ai riti alternativi e i processi
dovrebbero durare di meno, molto di meno. Se no, la coperta sarà
sempre troppo corta, come accade da anni».
Non è che tra molti magistrati ormai serpeggia la tendenza a
volere una procedura speciale per i processi di mafia?
«Questo non sarebbe giusto. Si tratterebbe di una scorciatoia
molto pericolosa. Le garanzie devono valere per tutti. E la vera garanzia
sta nella raccolta della prova con il contraddittorio tra le parti processuali
davanti a un giudice terzo. Nel collegio non ci può essere un giudice
ad ascoltare la testimonianza e al posto suo un altro collega a seguire
il resto del processo e a contribuire alla sentenza».
|