Dal «513» al «tintinnar di manette», da Gelli a Cuntrera: quando i pm “non ci stanno”

da La Gazzetta del Sud del 29.1.99

ROMA – Dalle fughe di Gelli e Cuntrera a sentenze “shock” come quella che rese retroattivo il 513, fino alle accuse al Pool, per il «tintinnar di manette» che traspariva dalla richiesta di custodia cautelare di Rovelli. Non è la prima volta che la Corte di Cassazione, con le sue sentenze, si trova al centro delle polemiche e non è la prima volta che a criticarla sono i pm di “prima linea”, come è accaduto tra mercoledì e ieri per due sentenze, che hanno fatto scattare l’allarme alla procura di Palermo, le quali hanno fissato la competenza della Corte di assise per le rapine gravi e imposto al giudice di riascoltare i testimoni se cambia anche un solo mebro del collegio. Uno dei casi più clamorosi fu quello della sentenza sul 513: la Cassazione stabilì che processi conclusisi in secondo grado prima che entrasse in vigore il nuovo articolo 513, potevano essere rifatti, tenendo conto della riforma e quindi facendo ripetere in dibattimento le dichiarazioni rese nelle indagini preliminari, pena la loro nullità. Immediata scoppiò la polemica insieme all’allarme prescrizione. In quell’occasione intervennero i magistrati del Pool preoccupati per i processi di “Mani Pulite”. E per la prima volta, con un comunicato ufficiale, la Cassazione fu costretta a replicare: «Nessun rischio prescrizione» assicurò «né di scarcerazione degli imputati». La Cassazione fece addirittura un monitoraggio per dimostrare l’esiguo numero di processi “a rischio”. Un’altra sentenza clamorosa fu quella con la quale la suprema corte accolse il ricorso di Felice Rovelli contro la richiesta di custodia cautelare del pool. «Traspare – vi si leggeva – una finalizzazione del mezzo cautelare per assicurare collaborazione, dissociazione ed ammissione degli addebiti da parte dell’indagato». L’accusa del «tintinnar di manette» provocò nuove polemiche e la reazione del capo del Pool di Milano Borrelli e del sostituto Gherardo Colombo. «È stato dato eccessivo risalto – disse Borrelli – alla parte negativa del provvedimento, interpretandola come una sorta di schiaffo al Pool. È molto importante che la Suprema Corte abbia sostanzialmente convalidato quello che era l’impianto probatorio della richiesta di misura cautelare». D’accordo Colombo: «non è uno schiaffo al Pool», ripetè. Dopo alcuni mesi di tranquillità la Cassazione si trovò nuovamente al centro delle polemiche, a causa di due fughe eccellenti: quella dell’ex venerabile della P2 Licio Gelli, definitivamente condannato in Cassazione e, a distanza di poche settimane, quella del boss mafioso Pasquale Cuntrera, scarcerato proprio dalla Cassazione. Sotto accusa finì la burocrazia, responsabile della tardiva trasmissione della sentenza Gelli all’autorità giudiziaria.