Voci discordanti tra politici e magistrati

da La Gazzetta del Sud del 29.1.99

ROMA – Dal Csm, dal Parlamento, dagli avvocati e dai pubblici ministeri, si raccolgono stime assai diverse su quali e quanti siano i processi “a rischio” e pareri molto diversi sull’opportunità di lanciare un allarme e cercare dei rimedi. Per Gioacchino Natoli, ex pm a Palermo e ora “togato” del Csm del gruppo dei Movimenti Riuniti, «l’allarme che è stato tempestivamente rappresentato è giustificato e merita ogni sollecita attenzione. Tuttavia è altrettanto fondamentale attendere la motivazione della sentenza e ponderarne il contenuto». Sulla decisione della Suprema Corte è «perplesso» il “laico” dei Ds Gianni Di Cagno, secondo il quale si potrebbe determinare «un’inaccettabile sperequazione»: «Se, come pare, la Corte ha ancorato il proprio convincimento al principio dell’oralità che informa il processo penale, mi permetto di ricordare che anche il processo del lavoro e, in parte, il nuovo processo civile sono fondati sull’oralità, eppure nessuno si sogna di far ricominciare i procedimenti ogni volta che cambia il giudice». «Tutte le sentenze devono essere rispettate ed è compito del Csm vigilare in via generale perché questo rispetto venga sempre tributato a tutti i giudici italiani come gli stessi meritano» sottolinea invece Mario Serio, “laico” di Forza Italia. Il “togato” Ettore Ferrara (Unicost) accusa i pm siciliani di «interferenza sul libero dispiegarsi della giurisdizione», mentre per Carlo Di Casola (Magistratura democratica) è «prassi discutibile commentare il dispositivo di una sentenza senza che si conoscano le motivazioni». E anche la Procura di Milano non condivide l’allarme dei colleghi di Palermo. La presa di posizione di Caselli è stata accolta con perplessità da molti sostituti e il procuratore aggiunto Gerardo D’Ambrosio ha spiegato di ritenere che la Cassazione «ribadisca un concetto da condividere». «Se il codice prevede che la prova si formi in dibattimento – ha detto – l’immutabilità dei giudici è un principio che non può non essere rispettato. E non è un problema dei processi di mafia – ha aggiunto – perché i principi vanno rispettati per tutti». Un principio «vecchio quanto il processo penale», quello dell’immutabilità del giudice, che «si può leggere nel codice di procedura penale attualmente in vigore». Nulla di nuovo sotto il sole, dunque, secondo l’ex presidente della prima sezione penale della cassazione Corrado Carnevale, mentre attacchi a Caselli vengono anche dal penalista romano Titta Madia, responsabile della giustizia per l’Udr, e da Gaetano Pecorella, ex presidente dell’Unione delle Camere penali e parlamentare di Fi. Il primo definisce Caselli «un magnifico pasdaran della giustizia», il secondo rammenta che l’azzeramento di tutto il dibattimento quando la corte cambia composizione nel corso del processo, costituisce «una regola già presente nel nostro codice». E in difesa della Suprema Corte si schierano anche il deputato dei Verdi Paolo Cento e il vicepresidente della Camera Alfredo Biondi, che se la prende con Giancarlo Caselli, che – dice – «vuole cassare la Cassazione che si fregia del titolo di Corte Suprema. Ma la supremazia è solo nominale quando le sentenze non piacciono alle procure ieri di Milano oggi di Palermo». Cento ricorda invece che «la Suprema Corte è nel nostro sistema un organismo fondamentale di tutela per la corretta applicazione delle leggi ed è ormai inaccettabile che ogni decisione di questo organo venga utilizzata strumentalmente per lanciare allarmi che disorientano la pubblica opinione».