«Io faccio il buono, Borrelli il cattivo»

da Il Corriere della sera del 29.10.99

MILANO - Dal «caso Parenti» alla «soluzione politica per Tangentopoli», dall'affaire Previti all'amnistia. E ora, la questione Craxi. In sette anni di convivenza al vertice della «Procura di Tangentopoli», tra Saverio Borrelli, 69 anni, radici napoletane, e il suo coetaneo Gerardo D'Ambrosio, anche lui nato in Campania, non sono mancate quelle che i due magistrati si sono sempre ostinati a liquidare come «fisiologiche diversità di vedute», «amplificate» se non «strumentalizzate» dai media. 
L'ultimo «equivoco» è di questi giorni: di fronte alla malattia del «latitante» Craxi, il procuratore D'Ambrosio prospetta l'ipotesi di un «differimento della pena», che potrebbe aprire la via a un rientro in Italia. E Borrelli, che come procuratore generale resta un suo superiore, ribatte che «nessuno può chiedere alcun beneficio, finché resta latitante». La controreplica non si fa attendere: «Ci sono molti modi di fare il magistrato - ha dichiarato ieri D'Ambrosio -. Io faccio il buono, Borrelli fa il cattivo: come i poliziotti nei film». 
Il retroscena di queste parole, pronunciate senza sorridere, sta nelle battute sul «procuratore buonista» che D'Ambrosio si è sentito indirizzare da più di un pm. 
Ma al pomeriggio, come in tutte le altre liti vere o presunte, arriva il dietrofront: «Non mi sembrava di aver fatto alcuna svolta a favore di Craxi. A chi mi diceva che era moribondo, mi sono limitato a chiarire che anche lui, come qualsiasi altro condannato, aveva la possibilità di chiedere il differimento della pena». E, soprattutto, «non ho mai detto che la storia di Mani pulite ha dato ragione a Craxi: essendone stato protagonista, non l'ho nemmeno pensato». 
Il confine tra buoni e cattivi, insomma, sarebbe solo un malinteso. L'ultimo di una serie che si era aperta nell'estate 1993. Mani pulite viaggia a tutta velocità, Borrelli è in ferie e, nella Procura retta dall'allora «vicecapo» D'Ambrosio, esplode l'inchiesta sulle tangenti rosse. Il pm Tiziana Parenti vuole incriminare il tesoriere nazionale del Pci-Pds. Senza uno straccio di prova, secondo D'Ambrosio, che attacca: «È l'ala destra del pool». «Titti la rossa» ribatte: «Mi hanno isolata». E a Borrelli non resta che tornare d'urgenza a Milano, senza riuscire a sanare la prima frattura del pool: nel '94, la Parenti passa a Forza Italia. Mentre Saverio, col senno di 5 anni dopo, spiegherà che «forse lo sparticque fu quello. Fu allora che, per la prima volta, qualcuno cominciò a parlare di magistrati che fanno politica». 
Nell'agosto '94, la replica: Borrelli benedice la proposta di legge del pool per «uscire da Tangentopoli». D'Ambrosio si dissocia: «L'unica soluzione è fare i processi». Ma dal '95, con la Procura sempre più attaccata, le divisioni sfumano a episodiche «diversità di vedute» su giudici e pm (accettare o no la separazione delle funzioni?), sul giudice unico (riforma da rinviare?), sull'amnistia (mai o solo per i reati minori?) o sulle esternazioni del «capo» mentre il Parlamento decide su Previti. 
Poi, negli ultimi mesi, quando Borrelli diventa «pg» e D'Ambrosio prende il suo posto, il clima sembra raffreddarsi: penultimo caso, appena due settimane fa, la «delusione» di Borrelli per aver fatto da «semplice comparsa» nella visita di Ciampi, mentre D'Ambrosio puntualizza: «Ma io con il Presidente ho parlato a Roma, per un'ora abbondante». 
Tanto che, ora, il vero o presunto caso Craxi rafforza l'impressione di una diversità anche di linea giudiziaria: da una parte un D'Ambrosio «procuratore della sicurezza», che mette in primo piano l'emergenza criminalità, tra gli apprezzamenti del Polo; dall'altra un Borrelli che rimarrà per sempre il «procuratore di Mani pulite». Stessa età, stesse origini campane, idee diverse. 
Pa. B. ,