| Su Andreotti si spacca l’Anm
da La Stampa del 29.10.99
Giovanni Bianconi
ROMA
«Io posso dare le dimissioni anche subito, perché guidare
l’Anm mentre la magistratura va incontro alla sua disfatta non mi interessa»,
dice Antonio Martone, presidente caduto in disgrazia dell’Associazione
nazionale magistrati per conto della corrente di Unicost, la più
«centrista» e più rappresentativa tra le toghe italiane.
Oggi si dovrà difendere davanti al comitato direttivo centrale e
ai rappresentanti delle altre tre correnti - Magistratura democratica,
Magistratura indipendente e i Movimenti riuniti - che lo accusano di non
voler convocare per motivi di bottega il congresso dell’Anm già
fissato per il mese di marzo.
«Ma non c’è il tempo - ribatte Martone -, perché
prima bisogna mettere in piedi altre iniziative preparatorie, sennò
ci ritroviamo a discutere in cento o duecento. Io invece voglio coinvolgere
tutta la magistratura italiana, per questo è opportuno rinviarlo
a giugno». Poi c’è l’altro scoglio: il tema da affrontare.
Quello già stabilito è «La sfida dell’Europa, la garanzia
dell’effettività dei diritti e l’efficacia delle decisioni»,
ma per Martone è fuori dal mondo: «Come si fa a mantenere
un tema del genere dopo quello che è accaduto a Perugia e a Palermo
con le assoluzioni di Andreotti? Se non discutiamo noi per primi dei limiti
della giurisdizione e del ruolo dei pm, ci troveremo a subire la separazione
delle carriere e chissà cos’altro. Vogliamo arroccarci in difesa
oppure partecipare al cambiamento?».
Risponde Giovanni Salvi, vice-segretario dell’Anm, di Magistratura
democratica: «Da qui a marzo ci sono cinque mesi, e se in questo
tempo un presidente non è in grado di organizzare un congresso è
bene che si ritiri. Quanto alla discussione, il ruolo della giurisdizione
è già compreso nel tema prefissato. La verità è
che Martone non può disattendere una decisione già presa,
prima della sentenza Andreotti: il suo tentativo di posticipare il congresso
è una scorrettezza grave». Lo scontro è cominciato
una settimana fa, a Sorrento, durante un altro convegno dell’Associazione.
La notte tra venerdì e sabato, con 17 voti contro 8 si decise che
il congresso dev’essere convocato entro marzo del 2000. Il giorno dopo,
sull’onda della sentenza di Palermo, Martone comunicò che quel verdetto
«imponeva» una discussione tra tutti i magistrati su altri
temi, e annunciava lo slittamento delle assise a giugno. Provocando la
ribellione delle altre correnti contro la sua stessa ribellione a una decisione
già presa, poche ore prima, dallo stesso comitato. «Noi siamo
fermi alla delibera di Sorrento», accusa il segretario dell’Anm Mario
Cicala, rappresentante di Magistratura indipendente. «Quella decisione
non può essere scavalcata, ed è del tutto fuorviante aprire
un dibattito a partire dalla sentenza di un processo. La vicenda Andreotti
è molto importante, ma lo sono anche quelle dei rapinatori che vengono
condannati a 6 anni di carcere con la condizionale e il giorno dopo sono
di nuovo fuori. Ciò che interessa i cittadini sono le garanzie dei
diritti e l’esecuzione delle pene; ridurre i problemi della giustizia ai
processi contro Andreotti è una manovra di palazzo».
Quello che nessuno dice ma tutti pensano, è che dietro a questo
scontro c’è anche la lotta per la successione. Secondo gli accordi
di un anno fa, col congresso si deve procedere anche al rinnovo delle cariche.
E per il criterio della rotazione la prossima presidenza spetterebbe a
Magistratura indipendente (la corrente di centro-destra)che ha già
pronto il suo candidato, Cicala, il quale minimizza: «Questo è
l’ultimo dei problemi; il primo è che il presidente deve eseguire
le decisioni del comitato direttivo, non può prenderne altre senza
nemmeno discuterne prima». Replica Martone: «Io non ho alcuna
intenzione di legarmi alla sedia. Se il problema fosse quello mi sarei
comportato diversamente, e avrei difeso Caselli e Almerighi dopo le polemiche
palermitane. Ma non mi è sembrato giusto e non l’ho fatto».
Questo è un altro fronte, non ufficiale, della scontro in atto:
il silenzio del presidente dell’Anm di fronte ai violenti attacchi contro
l’ex-procuratore di Palermo Caselli e al giudice Mario Almerighi, accusato
di «falsa testimonianza» da Andreotti ma non dal tribunale.
«Caselli - si giustifica Martone - ha già tanti difensori;
anch’io sono pronto a difenderlo, ma con una riflessione critica, senza
dover dire che tutto è andato bene fino ad oggi, perché non
mi pare sia così. Quanto ad Almerighi, c’è la sua parola
contro quella di un altro collega, che purtroppo è morto; come faccio
a schierarmi?».
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