Ma
per guarire la Giustizia non serve cambiare la Carta
da Il Corriere della sera del 2.6.98
di VITTORIO GREVI
Qualunque sia il futuro del progetto di revisione costituzionale redatto
dalla Commissione Bicamerale (e, quindi, delle proposte relative al sistema
giustizia, che rappresentano il vero punto di scontro, su cui si deciderà
la sorte della medesima commissione), le più concrete questioni
concernenti il buon funzionamento della macchina giudiziaria rimarranno
inevitabilmente aperte, perché la loro soluzione non potrà
in ogni caso derivare dall’eventuale modifica di questa o di quella norma
costituzionale. Troppo lontani, infatti, e troppo eterogenei sono i due
diversi livelli di intervento riformatore: l’uno relativo ai grandi principi
dell’ordinamento giurisdizionale (a parte le molte ridondanze di dettaglio
contenute nel testo della Commissione Bicamerale), l’altro relativo ai
quotidiani difetti di efficienza dei meccanismi processuali. Sicché
appare sempre più sconcertante che, da oltre un anno, gran parte
dei disegni di legge presentati dal guardasigilli Flick sui più
urgenti problemi della giustizia sia rimasta pressoché bloccata
nella sede parlamentare, in attesa dell’esito di riforme costituzionali
che, per loro natura, non avrebbero comunque inciso su tali problemi.
Tutto ciò risulta incomprensibile ai comuni cittadini, i quali
si rendono ben conto, spesso a proprie spese, che la nostra giustizia funziona
male, sulla base di tempi troppo lunghi (che ci hanno già meritato
diverse condanne dalla Corte europea dei diritti dell’uomo), non riuscendo
a contemperare la tutela delle sacrosante garanzie individuali con la necessità
di concludere i processi entro un «termine ragionevole».
Occorre, dunque, intervenire con adeguati correttivi sul tessuto delle
leggi ordinarie, e proprio in tale direzione, per fortuna, qualcosa si
sta muovendo negli indirizzi politici governativi, come risulta dalle precise
indicazioni fornite nei giorni scorsi alla Camera dal presidente Prodi.
Meglio tardi che mai. Anche se, francamente, non sarebbe stato male pensarci
prima, soprattutto con riferimento alla esigenza di un costruttivo sostegno
dei partiti della maggioranza alle iniziative ministeriali.
A questo punto, in ogni caso, sarà importante che non ci si
limiti a interventi, pur necessari, di natura contingente (ad esempio in
tema di misure «antifuga» di imputati scarcerati) o comunque
settoriale (ad esempio in tema di «tempi morti» provocati da
rogatorie all’estero), ma che si affrontino le più importanti questioni
attraverso un disegno riformatore di tipo organico.
In particolare, per quanto concerne il delicato problema della eccessiva
durata dei processi penali e delle conseguenti disfunzioni, attraverso
un complessivo ripensamento dei rapporti tra la disciplina dei mezzi di
impugnazione, troppo spesso usati soltanto per ritardare l’epilogo dei
processi, e la disciplina che consente agli imputati di giovarsi di tali
ritardi allo scopo di conseguire la prescrizione dei reati. Senza peraltro
dimenticare che, fin quando non ne venga modificata la formula, la presunzione
costituzionale di non colpevolezza, sebbene obiettivamente affievolita
dopo una o più sentenze di condanna, continuerà ad assistere
l’imputato fino alla «condanna definitiva».
In analogo ordine di idee, tenuto conto che una delle principali ragioni
del cattivo funzionamento della giustizia penale è rappresentata
dallo scarso impiego - rispetto al modello processuale ordinario - dei
più agili procedimenti speciali diretti a definire in anticipo il
processo, senza passare attraverso il pubblico dibattimento, sarebbe bene
che soprattutto su questo terreno si concentrasse l’impegno parlamentare.
Al riguardo nel seno della Commissione Giustizia della Camera è
stato di recente predisposto un testo unificato sul procedimento di fronte
al giudice unico nel quale, accanto ad alcune soluzioni poco felici (come
la previsione generalizzata di una assai discutibile udienza predibattimentale
in luogo dell’attuale udienza preliminare, con l’abolizione della figura
del giudice per le indagini preliminari), sono state recepite le più
significative proposte di rafforzamento dei procedimenti speciali, già
a suo tempo presentate dal guardasigilli Flick: soprattutto in materia
di giudizio abbreviato e di pena concordata. Si tratta di un avvio che
fa ben sperare nei prossimi sviluppi. Perché, con o senza riforme
costituzionali, il binario giusto da seguire - senza ulteriori perdite
di tempo - è senza dubbio quello delle riforme organiche della legislazione
ordinaria.
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