Flick rilancia: Greco va processato

da Il Corriere della sera del 2.10.98

Carlo Bonini, 
MILANO - Francesco Greco non va assolto. Il ministro di Grazia e Giustizia Flick ha impugnato di fronte alla Cassazione la pronuncia disciplinare con cui il 22 maggio scorso il Csm aveva prosciolto il pm, «per essere risultato estraneo agli addebiti», dall’accusa di «aver violato i doveri di riserbo e correttezza, facendo un uso strumentale delle sue
funzioni». Una vecchia storia, figlia di un’affollata serata del maggio ‘97 in un teatro di Milano, dove Micromega aveva chiamato a raccolta per discutere delle implicazioni dell’allora incandescente riforma del famigerato articolo 513. 
Greco aveva preso la parola per pochi minuti. Ma aveva lasciato il segno: «La modifica del 513 porterà alla prescrizione e al colpo di spugna. Io non sono un pessimista, e non sono tra quelli che piangono se un governo di sinistra sta facendo quello che nemmeno Craxi aveva tentato». 
Il ricorso contro la pronuncia di assoluzione è stato inoltrato alla fine della scorsa settimana. Prima che Francesco Saverio Borrelli formalizzasse la presentazione della domanda alla Procura generale di Milano. Una circostanza, questa, che fonti ministeriali tengono a precisare, nel tentativo di fugare il sospetto di una resa dei conti in atto con il pool. Anche
perché la cornice delle ultime 24 ore quel sospetto sembrerebbe alimentarlo, almeno a stare a un sillogismo costruito su semplici coincidenze temporali. 
La notizia dell’impugnazione dell’assoluzione di Greco si combina infatti con quella dell’apertura di un procedimento disciplinare nei confronti di Piercamillo Davigo (questo risalente al luglio scorso, ma ufficializzato ieri) e, soprattutto, con il severo giudizio che lo stesso ministro, a Perugia, ha pronunciato con diretto riferimento al caso Marta Russo, ma con evidente valenza generale: «Le vicende di questi giorni dimostrano quale possa essere la deriva verso la quale potrebbe andare un pm per cui prevalessero tentazioni di polizia». 
Ancora fonti ministeriali, nel chiosare tali coincidenze di iniziative disciplinari e giudizi ne sottolineano il carattere «inevitabile», dove l’aggettivo richiama una decisione che il ministro avrebbe ripetutamente ribadito in sede ministeriale e politica. Un ragionamento semplice nelle sue linee, ma foriero di imprevedibili sviluppi: fino a quando la Cassazione non si
sarà pronunciata sulle prerogative disciplinari del ministro e sui limiti del principio di libera espressione del magistrato, dovranno continuare a valere per tutti, pool compreso, le regole fissate nell’autunno del ‘96 da una circolare inviata a tutti gli uffici giudiziari. Circolare che il Csm aveva ritenuto non conforme al principio costituzionale di libera manifestazione
del pensiero proprio in occasione del caso Greco, tanto da decretarne l’assoluzione. 
Insomma, Flick, in dissenso radicale con l’orientamento del Csm, è pronto a trascinare chiunque di fronte al giudice disciplinare prima e quindi, in caso di assoluzione, di fronte alla Cassazione fino a quando su quel suo provvedimento del settembre ‘96 non sarà stata detta una parola definitiva dai giudici di legittimità. 
In proposito, tre erano stati i comportamenti individuati in linea astratta dal ministro come disciplinarmente rilevanti: «1) Quelli consistenti nella violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere i diritti altrui. 2) Quelli relativi alla pubblica manifestazione del consenso o del dissenso in ordine a un
procedimento in corso quando sia idonea a condizionare la libertà di decisione nell’esercizio di funzioni giudiziarie. 3) L’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idonea a turbare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste». 
Insomma, da un lato Flick, dall’altra il Csm, in mezzo il pool. Giudice, la Cassazione. E la decisione, qualunque sia, non potrà non avere ripercussioni.