IL GIP, IL GUP E IL GAP 

da Il Messaggero del 30.6.99

IL GIP è il giudice per le indagini preliminari. Il gup è il giudice dell’udienza preliminare. Il gap è lo scarto, la fossa, che separa la sinistra italiana dalla comprensione della propria crisi. Che c’entri questo gap col gip e il gup è presto detto.
Una legge del 1997 ha stabilito che la funzione di gip è incompatibile con quella di gup. La ragione sta in ciò. Il gip è colui che, a detta del codice di procedura penale, «provvede, nei casi previsti dalla legge, sulle richieste del pubblico ministero, delle parti private e della persona offesa dal reato». Perciò al gip si rivolge il pubblico ministero per convalidare un arresto o un fermo, per farsi autorizzare intercettazioni telefoniche, per chiedere le misure cautelari a carico di un indagato, o il rinvio a giudizio o l’archiviazione, eccetera, eccetera. Giustamente, il codice stabilisce che sia un giudice a fare tutte queste cose, perché solo un organo giurisdizionale (quale, appunto, è il giudice), e non un organo di parte (come è il pubblico ministero), assicura quella imparzialità che occorre per prendere misure tanto gravi.
Si rammenti la procedura prevista dal codice. Quando il pubblico ministero ha terminato le indagini, si rivolge al gip perché si pronunci. A quel punto si svolge l’udienza ed entra in azione il giudice dell’udienza, il gup, appunto, il quale decide o per l’archiviazione o per il rinvio a giudizio dell’indagato, che da quel momento, proprio perché su di lui si è pronunciato un giudice, diventerà un imputato. Il problema che nasce è questo: può il gup essere la stessa persona del gip? Detto diversamente: chi, nello stesso procedimento, ha svolto prima la funzione di gip può svolgere dopo quella di gup?
Nel 1997, il Parlamento disse no, non può. E ciò per rispettare il primo principio del giusto processo, e cioè l’imparzialità del giudice. Questo concetto di imparzialità è assai preciso: non significa solo che il giudice che si pronuncia non deve essere partigiano, significa che il giudice che si è pronunciato prima non può più pronunciarsi dopo. E ciò perché, se in una fase del procedimento si è fatto un concetto, nella fase successiva avrà un pre-concetto, e perciò non sarà più imparziale. Si osservi infatti che l’imparzialità deve valere come garanzia a favore dell’imputato: perciò non basta che il giudice sia una persona libera e dabbene e perciò disponibile a cambiare le proprie opinioni nel passaggio da una fase all’altra del procedimento; importa invece che l’imputato si senta davanti al giudice come non pre-giudicato e cioè che sia lui a percepire il giudice, e non il giudice a percepire se stesso, come imparziale.
Ora, si consideri il caso di un gip che, alla richiesta di archiviazione avanzata da un pubblico ministero, abbia risposto no e fissato l’udienza. Potrebbe un imputato sentirsi non pre-giudicato se, a quell’udienza, in veste di gup si trovasse davanti quello stesso che si è espresso prima in veste di gip? Oppure, si consideri il caso di un gip che, nel corso delle indagini, abbia autorizzato l’arresto cautelare di un indagato e che poi si trovi a fare il gup, cioè a decidere se quello stesso indagato debba essere rinviato al processo o no. Le misure cautelari non sono uno scherzo: il gip deve prenderle sulla base di “gravi indizi di colpevolezza”. Ebbene, se un gip ha autorizzato quelle misure, vuol dire che ha valutato il caso, che è entrato nel merito della richiesta del pubblico ministero, comunque che si è fatto un’opinione. Certo, dopo, quando diventerà gup e avrà a disposizione “tutti” gli elementi di prova, potrà cambiare quell’opinione, ma intanto ne ha espressa una. Anche in questo caso, potrebbe l’imputato non sentirsi nella condizione di pre-giudicato, e dunque percepire il gup ex-gip come un giudice imparziale?
Una roba così la capisce anche un bambino, che voterebbe, come fece il Parlamento due anni fa, a favore dell’incompatibilità assoluta gip-gup. Invece, e qui si viene al gap, una roba così non la capisce la sinistra. La quale, dopo aver rinnovato in commissione al Senato il voto per l’incompatibilità, ora in aula cambia parere e si appresta a votare contro.
Perché? Perché, dopo una campagna di stampa organizzata da alcuni patetici cronisti giudiziari e da un paio di magistrati che ancora non si sono accorti che il mondo è cambiato, la sinistra pensa che, se mandasse subito in vigore l’incompatibilità come vuole la legge, salterebbero alcuni processi a carico di qualche imputato eccellente di Forza Italia.
Errore doppio e fatale: primo perché, essendo prevista la interruzione dei termini di prescrizione, non salterebbe nessun processo, semplicemente si cambierebbe il gup; secondo perché l’idea (in verità, un tic tipicamente comunista) di perseguitare gli avversari con strumenti giudiziari è aberrante e comunque è morta per sempre per volere degli elettori, che a queste armi si sono rifiutati e si rifiutano sempre più massicciamente. Purtroppo la sinistra continua a credere che la propria sconfitta elettorale non dipenda da se medesima, dalla propria mancanza di identità, programmi e uomini, ma dalla furbizia degli avversari o, come disse l’on. Mussi alla direzione dei Ds dopo la sconfitta alle elezioni europee, dall’essere stati troppo tolleranti con Berlusconi. E allora, dài contro il conflitto di interessi, contro gli spot, contro Del Turco reo di aver detto a favore di Berlusconi quello che disse a favore di Violante, contro la riforma del giusto processo e ora anche contro il proprio stesso voto sull’incompatibilità gip-gup.
Deus amentat, con quel che segue. E però prima che il Padreterno li faccia impazzire del tutto, sarebbe auspicabile che qualcuno cercasse di richiamare la sinistra alla ragione. Magari il Presidente del Consiglio che, in Argentina, avrà capito quanti guasti ha fatto il giustizialismo. O il ministro della Giustizia, che si ricorderà quanto lo stesso Presidente della Repubblica si sia speso a favore del giusto processo, fino all’appello di ieri pomeriggio. Purtroppo, D’Alema è ”scomparso” e Diliberto si è fatto prendere dalla sindrome del Mosè: è bello, ma non parla. E invece sarebbe l’ora di dire e di fare.