| Muro
contro muro per Caselli
da Il Corriere della sera del 30.7.98
M. Gal.,
ROMA - Infuria ancora la polemica sull’incontro di martedì fra
il procuratore della Repubblica di Palermo Gian Carlo Caselli e 30 senatori
dei Ds. Trova il tempo per una battuta lo stesso presidente del Senato,
Nicola Mancino: «Cosa hai combinato - chiede sorridendo a Guido Calvi,
uno dei promotori dell’iniziativa - hai fatto nascere un caso, ma si è
trattato di un incontro di normale attività istituzionale».
Toni più crudi fra Polo e Ulivo. Cesare Salvi, capogruppo dei
senatori ds: «E’ inquietante ciò che dice il Polo, e non
l’incontro, trovo incomprensibile ritenere provocatorio un incontro trasparente
nelle sedi parlamentari». Dentro la sinistra anche qualche dissenso:
«Caselli si può incontrare con chi vuole - dice il senatore
ds Felice Besostri - ma non riesco a capire con quali criteri si sia formato
il gruppo dell’incontro, i non invitati sono sospettabili di collusioni
con la mafia?».
«Inopportuna»: così Gianfranco Fini giudica l’iniziativa,
«perché doveva rimanere riservata e ciò non depone
a favore di chi l’ha promossa e di chi vi ha partecipato». Un caso
di «sterminio della legalità» da parte di Caselli accusa
Tiziana Maiolo di Forza Italia in un’interpellanza al governo. Per l’ex
ministro forzista Filippo Mancuso, infine, «il dottor Caselli cerca
consensi per l’attuazione di un piano di aggressione giudiziale».
Sul fronte giustizia non si è però parlato soltanto degli
strascichi del «caso Caselli-Ds». Riforme costituzionali, potenziamento
della macchina della giustizia, rapporti fra pm ed azione penale, garanzie
e diritti degli imputati: è spaziato a tutto campo «dentro»
i pro e i contro del sistema legale il presidente Mancino nella cerimonia
del Ventaglio a Palazzo Giustiniani. Scende nei dettagli tecnici, reclama
persino i computer per gli uffici giudiziari, e sfiora i temi più
caldi degli
ultimi scontri fra politica e magistratura. Ammette che la macchina
giudiziaria ha bisogno di una corposa «messa a punto», ma precisa
che il sistema «regge» bene: offre garanzie ad ogni imputato,
riduce gli errori «con la previsione di diversi gradi di giudizio».
E allude a Berlusconi quando sostiene che «se sulle singole sentenze
è sempre possibile una valutazione anche critica non si deve dimenticare
che in Italia i diritti individuali sono efficacemente garantiti».
In serata proprio lo stesso leader del Polo, nel salutare gli azzurri
prima della pausa estiva di Montecitorio, ritorna a «duellare»
a distanza con la procura di Palermo: «Buone vacanze, sempre che
ci lascino in pace, vi auguro un buon agosto, ma non è detto che
sia così, ad agosto in questo paese succede di tutto, e suonano
squilli di guerra in quel di Palermo».
Mancino sgrana poi un lungo rosario di correzioni: «Non sempre
il nostro ordinamento riesce a dare risposte rapide ed efficaci».
Per «rendere più incisiva la macchina giudiziaria e più
veloci i processi», occorrono «maggiori risorse finanziarie,
nuove e più efficienti strutture, l’aumento del numero dei magistrati
e il completamento dell’opera di informatizzazione». Di questa «messa
a punto» non fa parte un’attenuazione dell’obbligo dell’azione penale:
«resto contrario - precisa Mancino - a un eventuale assoggettamento
del principio a indirizzi e priorità non si sa bene in quale sede
valutabili».
Dalla giustizia all’intero ordinamento: Mancino fa un appello alle
forze politiche «per riprendere il discorso delle riforme»
dopo la pausa estiva. L’esperienza della Bicamerale ha sollevato questioni
che «richiedono risposte politiche», da individuare «con
flessibilità, con gli strumenti più adatti». Il riferimento
è all’art. 138 della Costituzione, il più adatto, secondo
Mancino, per aggiornare la Carta. Un processo che richiede «larghissime
maggioranze, ma senza il bisogno dell’unanimità». E cita il
«gigante» Calamandrei: «rimase in minoranza, ma continuò
a lavorare».
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