Con
l’eccesso di deleghe «tradita» la Costituzione
da Il Sole 24 ore del 30.3.99
Due autorevoli esponenti della maggioranza di Governo, Giorgio Benvenuto,
presidente della commissione Finanze, e Salvatore Biasco, presidente della
commissione Bicamerale per la riforma fiscale, hanno esposto, da punti
di vista tra loro molto distanti, il loro pensiero sul ruolo che dovrebbero
avere nella legislazione italiana le commissioni parlamentari permanenti
e le bicamerali, istituite sostanzialmente per dare pareri consultivi ai
decreti legislativi del Governo (si vedano gli interventi sul Sole-24 Ore
del 27 febbraio e 7 marzo).
In realtà, mi pare che il problema dal punto di vista dell’opposizione,
sia molto più vasto, e riguardi alla radice il ruolo del Parlamento
così come disegnato dalla nostra Costituzione, che all’articolo
70 stabilisce che: «la funzione legislativa è esercitata collettivamente
dalle due Camere» e all’articolo 76 che: «l’esercizio della
funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con
determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato
e per oggetti definiti».
È curioso che con questa Costituzione vigente l’onorevole Biasco
possa affermare che: «di fronte alla mancata riforma della struttura
del Parlamento verso una "razionalizzazione del bicameralismo", l’istituzione
di commissioni bicamerali rappresenta un modo efficiente e innovativo di
affrontare la transizione dalla centralità nell’esercizio della
potestà e, iniziativa legislativa alla centralità di indirizzo
e controllo che più propriamente attiene al Parlamento», attribuendo
una sempre più ampia potestà legislativa proprio all’esecutivo.
Nell’attuale legislatura il Governo ha sfornato, infatti, più
di 150 decreti legislativi, moltissimi dei quali in materia economica e
fiscale, sulla base di deleghe generiche e omni-comprensive. E come è
altrettanto noto, ma sarà meglio ricordarlo ancora una volta le
bicamerali, come le commissioni parlamentari permanenti, sui decreti legislativi
possono esprimere soltanto un parere consultivo, che il Governo può
tranquillamente ignorare. E persino un autorevole esponente della maggioranza,
il presidente della commissione Finanze, Giorgio Benvenuto, sottolinea
nel suo intervento come nel corso degli anni il Governo si sia appropriato
di una fetta rilevante della potestà legislativa precedentemente
riservata al Parlamento. È proprio di questi giorni un esempio tipico
di straripamento del potere legislativo del Governo in una questione di
grande rilevanza politica, che dovrebbe essere affrontata dal Parlamento.
Mi riferisco infatti alla legge Turco-Napolitano sull’immigrazione
che, dopo un lungo dibattito in commissione Affari costituzionali e in
aula, aveva radicalmente escluso la possibilità di sanatorie generalizzate,
delle quali infatti, nell’articolato della legge non vi è traccia.
Ma il Governo, sulla base dell’articolo 47 che lo autorizza a emanare decreti
legislativi, recanti disposizioni correttive che si dimostrino necessarie
per realizzare pienamente i principi della medesima legge o per assicurarne
la migliore attuazione, ha presentato al Parlamento, per un semplice parere,
un decreto legislativo contenente: «Disposizioni finali e transitorie»
aggiuntive all’articolo 49 di quella legge, attraverso le quali sancisce
una sanatoria per quasi trecentomila immigrati clandestini. Stravolgendo
così proprio i principi ispiratori della legge, più volte
ribaditi a suo tempo dai ministri competenti, e senza avere quel minimo
di correttezza politica e istituzionale che lo avrebbe dovuto indurre a
presentare un decreto legge o un disegno di legge sul quale ottenere un
voto dal Parlamento sovrano.
Come si vede, mentre si è a lungo parlato di fallimento della
Bicamerale e della necessità di riformare la seconda parte della
Costituzione, nei fatti la Costituzione stessa è stata stravolta
sul punto decisivo dei rapporti fra Governo e Parlamento, senza nessuna
modifica di norme che sono ancora in vigore e dovrebbero essere rigorosamente
rispettate da tutti.
Carlo GiovanardiDeputato Ccd
Vicepresidente della Camera
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