Ma
su presidente e giustizia si tratta
da Il Messaggero del 30.5.98
Mattarella, Boato, Selva: stiamo lavorando, martedì nessuna rottura
di ALBERTO GENTILI
ROMA - «Io sono ottimista. Anzi, sa cosa le dico: sono pronto
a scommettere quanto ho di più caro che non ci sarà rottura.
Dice che c’è già stata? No, quello di Berlusconi in aula
è stato soltanto un colpo di teatro». Gustavo Selva, uno degli
ambasciatori di Alleanza nazionale sul fronte delle riforme, ha appena
incontrato il capogruppo di Forza Italia Beppe Pisanu e non è neppure
sfiorato dal timore del fallimento. «Io dico che le riforme
si faranno. E lo dico perché ho capito che Berlusconi ha fatto quella
sparata per fare pressing. Per ottenere il più possibile sul terreno
della giustizia. Me lo ha detto anche Pisanu: loro insistono per ottenere
la terziarità del giudice e la parità tra accusa e difesa».
Sembra di assistere alla proiezione di un vecchio film. Di leggere le pagine
del solito libro. Per di più a riproporli è Selva, uno che
farebbe carte false pur di riportare il Cavaliere al tavolo della trattativa:
troppo bruciante sarebbe la consacrazione del divorzio tra Forza Italia
e An. Ma non è soltanto Selva. Sentite il verde Marco Boato, relatore
in Bicamerale sulla giustizia: «E’ vero, si sta trattando, ci sono
delle ipotesi in piedi. Ma devo essere silenzioso come una tomba: se esce
qualche notizia salta tutto». E ascoltate Sergio Mattarella, presidente
dei deputati del Ppi: «Posso confermare che la vera questione non
sono i poteri del presidente della Repubblica, come ha fatto credere Berlusconi.
In gioco c’è ben altro. E stanno vedendo, discutendo». Non
soltanto sulla separazione di fatto delle carriere tra pm e giudici, ma
anche su come allargare i poteri presidenziali. Non fosse altro per salvare
la faccia di Forza Italia. Altra obiezione, come i trattativisti
di An, guidati da Selva e da Pinuccio Tatarella, anche i Verdi e il Ppi
sono tra i più terrorizzati dalla rottura. Perché temono
le elezioni. Perché, soprattutto, sanno che lo sbocco sarebbe la
scelta di Fini e di Massimo D’Alema di sostenere il referendum contro la
proporzionale. Ritenuto, a torto o a ragione, l’arma migliore per consolidare
il bipolarismo e allontanare il rischio del Grande Centro.
Ma arriva un’altra conferma che qualcosa si muove. E questa volta porta
la firma di un diessino di rango. Quella di Pietro Folena, responsabile
della giustizia: «E’ vero, non sono i poteri del presidente l’assillo
del Cavaliere. Ma, come al solito, la magistratura». Pausa, sorriso
nervoso: «Posso però assicurare che noi diesse non facciamo
alcuna trattativa né ufficiale, né ufficiosa. Se salta tutto?
Da qui a martedì c’è tempo, molto tempo...».
Il limite comunque non è neppure martedì, quando si tornerà
a votare gli emendamenti sulla forma di governo. Ormai il copione di quel
giorno è scritto: Forza Italia presenterà le sue proposte
iper-presidenzialiste e An le voterà. «Mica possiamo farci
scavalcare dai forzisti su questo terreno», chiosa Selva. Ma nel
frattempo potrà proseguire la trattativa. Perché, come dice
lo stesso D’Alema, «solo a luglio, solo al momento del voto finale
sul testo complessivo, si saprà se c’è una maggioranza o
se non c’è».
Per capire quanto sia difficile la mediazione basta però andare
a bussare alla porta di Fabio Mussi, capogruppo diesse a Montecitorio.
La risposta è una valanga di veleno e di scetticismo: «Per
trovare un accordo con Berlusconi bisognerebbe inserire nella Costituzione
una norma che blocchi i processi in corso. Si può? Non credo. Oppure,
tra le disposizioni transitorie si dovrebbe scrivere: ”Tutti coloro che
si chiamano Silvio godono di immunità giudiziaria e restano liberi”.
Mi pare, francamente, un discorso primitivo».
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