Giudici
tributari: costi della lite al Fisco se l’esercizio è impreciso
da Il Sole 24 ore del 30.10.98
MILANO — L’esercizio dell’autotutela da parte del Fisco non esonera,
in
sé e per sé, l’amministrazione finanziaria dal rischio
di vedersi accollate
le spese processuali affrontate dal contribuente nel corso di una
controversia davanti ai giudici tributari. Perché l’amministrazione
si metta
al sicuro occorre che l’autotutela non sia esercitata in modo “imperfetto”.
Il richiamo agli uffici viene da una sentenza della Commissione tributaria
regionale delle Marche, sezione terza, n. 161/3/98, depositata il 31
agosto e di prossima pubblicazione su «Guida Normativa».
I giudici
tributari sono tornati a pronunciarsi sulla storica vicenda dell’Ilor
per gli
agenti di commercio: con l’occhio, questa volta, agli effetti sulle
spese
processuali della rinuncia alla prosecuzione delle controversie per
cui lo
stesso ministero delle Finanze aveva dettato istruzioni con le circolari
n.
42/E e n. 138/E del 1997.
Proprio in base al mutato orientamento dell’amministrazione, la direzione
regionale delle Entrate per le Marche aveva fatto presente, con una
nota
alla Commissione tributaria regionale, che era venuta meno la base
del
diniego al rimborso a suo tempo sollecitato da un agente. La direzione
riteneva, quindi, che la controversia potesse essere chiusa e che la
vertenza dovesse considerarsi estinta in base all’articolo 46 del decreto
legislativo 546/92, con permanenza delle spese a carico della parte
che
le aveva anticipate.
La Commissione ha, però, rigettato la “ricostruzione” fatta
dalla direzione
regionale, arrivando a condannare l’amministrazione finanziaria alle
spese
di giudizio e a dichiarare dovuti gli interessi sulle somme da rimborsare.
Secondo il collegio, infatti, l’istanza dell’ufficio «non può
considerarsi
rinuncia all’appello in quanto non accettata dalla controparte»
sulla base
dell’articolo 44 del decreto legislativo 546/92. Né la nota
della direzione
«può valere come richiesta di cessazione della materia
del contendere
(ex art. 46 del D.Lgs. 546/92) mancando un atto concreto che dimostri
l’avvenuto rimborso». Cessazione della materia del contendere
che
avrebbe determinato la compensazione delle spese di giudizio, pur in
presenza di un precedente (Commissione provinciale di Lecce, sezione
quarta, 23 maggio 1997, n. 66) che ha portato alla condanna alle spese.
La Commissione sottolinea, poi, come nelle controdeduzioni il
contribuente avesse introdotto la richiesta di rigetto dell’appello,
rimborso
dell’Ilor e pagamento delle spese di giudizio. Sul merito della
controversia, secondo i giudici, non può sussistere nessun dubbio:
il fatto
che il reddito del rappresentante non sia assoggettabile all’Ilor quando
l’attività sia svolta senza organizzazione imprenditoriale è
ormai
assodato. In questo senso vanno le decisioni delle commissioni tributarie
e della stessa Corte costituzionale. Nel caso specifico, inoltre, non
poteva essere censurata neppure la ricostruzione probatoria di fatto.
L’effetto combinato di queste argomentazioni è, dunque, la conferma
della
sentenza di primo grado a favore del contribuente e la condanna al
pagamento degli interessi sulle somme da rimborsare. Cui si
accompagna — vista l’impossibilità di ritenere estinta la materia
del
contendere e il mancato accordo su una rinuncia al ricorso “a costo
zero”
per l’amministrazione — la condanna del Fisco alle spese di giudizio.
J.M.D.
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