| «Troppe polemiche sulla separazione
delle carriere tra pm e giudici»
da Il Messaggero del 3.11.99
di MASSIMO MARTINELLI
ROMA - D’Alema conferma: i reparti speciali di Polizia e Carabinieri
non saranno potenziati, non diventeranno organismi autonomi. In altre parole,
quello che il Procuratore nazionale Antimafia, Vigna, e l’ex presidente
della Repubblica, Cossiga, chiedono da giorni, non avverrà. Il Ros
dei Carabinieri, lo Sco della Criminalpol e lo Scico della Finanza continueranno
a vivere ridimensionati, così come aveva deciso con una circolare
l’ex ministro degli Interni Giorgio Napolitano. D’Alema lo ha detto ieri,
nel corso di una trasmissione radiofonica. Ed è stata anche l’occasione
per commentare le polemiche che hanno seguito l’assoluzione di Giulio Andreotti.
Che in fin dei conti, secondo il premier, ha dimostrato che i giudici non
sono poi così appiattiti sulle richieste delle procure. E quindi,
che tutte le polemiche sulla separazione delle carriere, non sono poi così
fondate. Infine, sui pentiti, il premier ha dichiarato: «Non dobbiamo
buttare il bambino con l'acqua sporca. Dobbiamo avere una legge più
rigorosa che eviti gli abusi, ma non dobbiamo privarci di quello che è
stato uno strumento essenziale per combattere il crimine».
Le dichiarazioni di D’Alema, che hanno suscitato le maggiori reazioni,
riguardavano la proposta di potenziare i corpi d’elite delle tre armi,
avanzata dal capo della Dna, Vigna: «Personalmente non ci penso -
risponde il Presidente del Consiglio - perché non è affatto
vero che abbiamo eliminato questi corpi. Noi abbiamo provveduto ad organizzarli
in modo da non spezzare l'unitarietà delle strutture. L'Arma dei
Carabinieri non sarà privata di strutture specializzate, ma queste
strutture si organizzeranno nell'ambito dell'Arma e non come un corpo separato.
In Italia non possiamo avere 6-7 polizie. Nessun paese al mondo ha 7 polizie.
Noi ne abbiamo 2: Polizia e Carabinieri e la Guardia di Finanza per taluni
compiti. Un'eccessiva frammentazione indebolisce e non rafforza la lotta
alla criminalità». Immediata la reazione di An, attraverso
i deputati Gasparri e Fragalà. Il primo dichiara che «le parole
di D'Alema sui reparti speciali investigativi delle forze di polizia sono
confuse e mischiano le carte in tavola, perché nessuno pensa che
strutture come il Ros dei carabinieri debbano agire al di fuori dell'Arma,
anzi ne sono la punta avanzata». Mentre Fragalà ha definito
«uno schiaffo in faccia al procura nazionale Antimafia» la
notizia che molti agenti del nucleo storico dei Ros, che catturò
Riina, sono stati trasferiti ad incarichi amministrativi.
Molto rumore anche per le dichiarazioni di D’Alema sulla giustizia,
in risposta ad una domanda sul caso Martone, il presidente dell’Anm, costretto
alle dimissioni per non aver difeso la Procura di Palermo dalle critiche
per l’assoluzione di Andreotti: «Per molto tempo - ha detto il premier-
ci hanno detto che dovevamo separare le carriere dei giudici da quelle
dei pm, altrimenti le sentenze non sarebbero state eque. Si sosteneva che
i giudici giudicanti non avrebbero mai avuto il coraggio di giudicare diversamente
dalle richieste dei loro colleghi pubblici ministeri». E questo ha
detto D’Alema, «non è vero perché per Andreotti sia
a Perugia che a Palermo i giudici giudicanti hanno giudicato diversamente
dai pm». Quindi ha concluso: «Tutta questa polemica, falsa
e violenta, non aveva nessun fondamento di verità». La stoccata
è diretta a destra; e da destra, da Michele Saponara di Forza Italia,
arriva la replica: «Il Presidente D'Alema, per estrazione culturale,
non sa che i veri eredi di Falcone sono i giudici distaccati ed equilibrati
alla Martone e non i falchi che se ne fanno scudo a sproposito: ad esempio
per opporsi alla separazione delle carriere». Duro anche Frigo, presidente
delle Camere Penali: «Spiace constatare - che D'Alema, così
sensibile ai problemi degli assetti costituzionali dello Stato, non veda,
al contrario di tanti autorevoli esponenti della cultura giuridica e della
stessa magistratura, che la carriera unica di giudici e pm sia uno dei
principali ostacoli alla realizzazione in Italia del giusto processo e
venga difesa soprattutto da chi persegue interessi di tutela corporativa
o vuole un corpo giudiziario strutturato per processi penali di stampo
inquisitorio». Per il socialista Boselli, infine, «se fosse
esistita la separazione delle carriere tra Pm e giudici terzi, così
come avviene in tutti i principali Paesi europei, probabilmente il processo
non sarebbe andato avanti per sei anni ma tutto sarebbe stato risolto in
pochi mesi e ad Andreotti sarebbe stato evitato un calvario che non meritava
e non si sarebbero arditamente trasformati giudizi politici sulla storia
d'Italia e sulla Dc in processi giudiziari».
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