Violante: per tutelare i cittadini bisogna superare l’arbitrarietà dell’esercizio dell’azione penale 

da Il Messaggero del 4.7.98

ROMA - L’obbligatorietà dell’azione penale e l’indipendenza del Pm «sono entrambi valori essenziali che vanno difesi a tutela dei diritti dei cittadini. Ciò che non va, invece, è l’assoluta arbitrarietà della scelta delle priorità nella trattazione degli affari penali».
Luciano Violante insiste: così come viene esercitata, l’azione penale sfocia spesso nell’eccesso di discrezionalità. Un tema che il presidente della Camera rilancia, «non per ragioni polemiche, ma per ragioni di garanzia», dal palco del convegno nazionale dell’avvocatura in corso a Torino. Ragioni di garanzia, spiega Violante, «perchè il cittadino, imputato o vittima, ha diritto di sapere
perchè il suo affare non viene trattato con priorità oppure perchè viene trattato con priorità. I criteri devono essere conosciuti in precedenza e, se è il caso, discussi nelle sedi parlamentari, che rappresentano l’intero paese, senza che questo dia luogo ad alcun vincolo, diretto o indiretto, sulle priorità delle scelte del magistrato o sulla stessa azione penale».
Peraltro, il presidente della Camera ritiene che sul punto «non siamo all’anno zero», dato che «l’onere di indicare preventivamente i criteri delle priorità è già previsto nel nostro ordinamento», in particolare dall’articolo 227 del decreto legislativo sul giudice unico di primo grado. Una norma, al momento transitoria, che «si applicherà - spiega Violante- a partire dal 1999», ma che, «dopo averne verificato l’attuazione», sarà bene inserire, «con le eventuali opportune correzioni, nell’ordinamento giudiziario, trattandosi di principio organizzativo». E del resto, annota ancora il presidente della Camera anche la sezione disciplinare del Csm si sta orientando «a favore del potere dei capi degli uffici di enucleare criteri di priorità nella trattazione degli affari penali, non solo nella fase delle indagini preliminari ma anche in quella del giudizio». Violante, inoltre, dà atto «volentieri» all’avvocatura di aver posto «per prima» tale tema, esprimendo anche la convinzione che «una tutela effettiva dei diritti dei cittadini si raggiunge solo in un sistema in cui ad una forte
magistratura corrisponda una forte avvocatura. Altrimenti la vittoria nei tribunali non potrà corrispondere ad un ruolo sociale autorevole e riconosciuto». Per questo, dice, «credo che l’avvocatura dovrebbe occuparsi più attivamente di se stessa e delle condizioni di esercizio della professione».