Professionisti,
arriva la concorrenza
da Il Messaggero del 4.7.98
di LUCA CIFONI
ROMA Un primo passo sulla via della grande liberalizzazione che l’Europa
ci impone. Oppure un onorevole argine allo stravolgimento delle libere
professioni. Ognuno può guardare con il proprio punto di vista allo
schema di legge delega sulla riforma degli Ordini,
approvato ieri dal Consiglio dei ministri: il testo è certo
frutto di una mediazione politica, con molti punti in sospeso che dovranno
essere chiariti durante l’iter parlamentare (il governo ha chiesto la corsia
preferenziale). Ma indubbiamente inizia un processo, che nel giro di pochi
anni trasformerà radicalmente l’attività di avvocati, ingegneri,
commercialisti, archittetti, e in generale di tutti coloro che svolgono
una ”professione intellettuale”. Per avere un quadro esatto e dettagliato
bisognerà attendere il via libera delle Camere e il successivo decreto
legislativo che il governo varerà, sulla base dei principi della
legge delega. Ma già fin ora si possono individuare
novità significative.
Ordini e associazioni. Con la legge delega si stabilisce che alcune
professioni, in virtù della loro specificità, e della necessità
di tutelare interessi pubblici, hanno bisogno di appositi Ordini. Il problema
naturalmente è stabilire quali siano: è questo uno dei punti
su cui il testo rinvia la decisione. Ci sono infatti alcune categorie (medici,
avvocati, notai e altre) il cui lavoro ha a che fare con diritti garantiti
dalla Costituzione, e per le quali quindi la necessità di tutela
è più evidente. Ci sono poi altre professioni che non hanno
questa peculiarità e che quindi saranno organizzate in associazioni
non obbligatorie né esclusive. Ma c’è anche una ”zona grigia”,
in
cui si eserciteranno le pressioni delle categorie. Intanto però
sembrano destinate a cadere le proposte giacenti in Parlamento per l’istituzione
di nuovi albi: come quello degli erboristi, dei sociologi, dei maestri
di ballo e molti altri.
Accesso alla professione. In questo paragrafo il ministero dell’Industria
è riuscito a inserire richiami più espliciti alla libertà
di accesso e alla concorrenza. È escluso il numero chiuso per gli
Ordini, mentre, come già detto, per le associazioni non c’è
nemmeno il principio di esclusività: chiunque potrà svolgere
quel tipo di professione anche senza iscriversi.
Tariffe e pubblicità. Sono due vincoli forti contro la concorrenza,
già individuati dall’Antitrust: l’obbligo di tariffe minime, invocato
dagli Ordini come una garanzia di qualità nei confronti del cittadino,
rappresenta però anche un limite alla possibilità di emergere
per soggetti nuovi o giovani, e lo stesso si può dire per la pubblicità
(attualmente l’unica forma legittima è una particolare evidenziazione
tipografica su elenchi telefonici e pagine gialle). La legge delega prevede
tariffe minime inderogabili solo per le prestazioni obbligatorie (ad esempio
difese d’ufficio o vaccinazioni obbligatorie) e abolisce il divieto di
pubblicità.
Società tra professionisti. Su questo punto caldo si è
discusso fino all’ultimo. La legge delega distingue nettamente tra professione
intellettuale e attività d’impresa. Ma allo stesso tempo riconosce
l’esigenza, affermata a gran voce dallo stesso Romano Prodi, di mettere
i nostri professionisti in grado di competere ad armi pari con le multinazionali
dei servizi, che stanno invadendo l’Italia. Si prevede allora la possibilità
di dar vita a società di capitali, aperte a soci di professione
diversa e anche a non professionisti. Siccome il divieto di costituire
tali società (introdotto dal fascismo) è già stato
abolito lo scorso anno, e il relativo regolamento è stato abbandonato
per le resistenze del Consiglio di Stato (che aveva dato via libera solo
alle società di persone), è possibile che questo tema sia
stralciato dal resto della legge, per evitare un vuoto legislativo troppo
lungo. Già nella bozza varata ieri sono comunque contenuti principi
di garanzia: i soci non professionisti non dovranno svolgere attività
incompatibili con quelle professionali, e resteranno comunque in minoranza
nel capitale. E il cliente avrà sempre la possibilità di
decidere a chi affidare l’incarico, nell’ambito della società.
L’iter della riforma. In ogni caso la vera partita inizia adesso. Ne
è consapevole il ministro dell’Industria Bersani, che pur manifestando
soddisfazione, ha fatto capire che nei prossimi mesi intende mantenere
alta la pressione su questo tema. Dal suo punto di vista, ne ha motivo.
Se Giovanni Maria Flick, che ha presentato la legge in Consiglio, la pensa
come lui in tema di
concorrenza, lo stesso non si può dire per tutte le strutture
del dicastero della Giustizia. E non bisogna dimenticare che quasi metà
dei parlamentari sono iscritti a Ordini. Per avere un’idea delle posizioni
in campo, è interessante guardare le reazioni negative: oltre alla
Confindustria, che non gradisce la separazione tra professione e impresa,
anche la Sinistra giovanile, secondo cui questa riforma poco coraggiosa
rischia di penalizzare proprio i giovani.
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