Le
professioni alla sfida del mercato
da Il Sole 24 ore del 4.7.98
ROMA — La riforma delle libere professioni è stata approvata
dal Consiglio dei ministri. Sul disegno di legge che deve svecchiare il
sistema ordinistico, deve ora pronunciarsi il Parlamento. L’obiettivo è
preservare le peculiarità dell’attività libero-professionale
(personalità della prestazione, responsabilità e indipendenza)
in un quadro che — per la globalizzazione dei mercati — non può
più prescindere dalla concorrenza.
Il disegno di legge delega subordina l’esistenza degli Ordini alla
tutela di interessi pubblici rilevanti, la cui “realizzazione” non può
essere misurata attraverso i normali parametri di qualità che fanno
perno sul raggiungimento di un risultato predeterminato. L’individuazione
delle attività che si riferiscono agli interessi pubblici rilevanti
è rinviata alle deleghe, che entro un anno dall’approvazione della
legge dovranno essere esercitate dal Governo. «Il testo approvato
dal Consiglio dei ministri — commenta il ministro dell’Industria, Pier
Luigi Bersani — apre un ampio spazio in vista della riforma del sistema
delle professioni. È importante che questo spazio venga utilizzato
al meglio e che sia salvaguardato nella sua ampiezza».
Il disegno di riordino delle professioni è maturato, in meno
di un anno, tra forti spinte esterne per la liberalizzazione. È
stato il Governo e, in particolare, il ministro dell’Industria, ad aprire
il fronte, con l’abolizione del divieto a costituire società da
parte dei professionisti, inserito nella legge 266/97. Tuttavia, lo choc
è arrivato dalle normative europee: la conclusione dell’indagine
dell’Antitrust sul settore e la condanna delle tariffe degli spedizionieri
doganali da parte della Corte Ue partono infatti dal presupposto che le
libere professioni sono equiparate a un’attività economica e dunque,
ai fini della concorrenza, equivalgono a imprese. Da qui la necessità,
anche per i professionisti, di rispettare le regole del mercato, in contrasto
con i vincoli su cui finora è vissuto il sisteme ordinistico: tariffe
obbligatorie e divieto di pubblicità, per citare due aspetti.
L’abolizione di questi «lacci e lacciuoli», nelle intenzioni
del Governo, deve consentire al sistema italiano delle professioni di reggere
il confronto con la concorrenza internazionale, che — come ha rilevato
il premier Romano Prodi — sta facendo man bassa della fetta più
redditizia del mercato.
Gli Ordini dovranno dunque rinnovarsi: non saranno più i garanti
degli interessi di categoria ma dovranno tutelare la qualità delle
prestazioni a vantaggio degli utenti. Le attività riservate potranno
essere esercitate solo dagli iscritti, la cui preparazione resterà
verificata attraverso l’esame di Stato. Non solo: è previsto il
monitoraggio sulla permanenza dei requisiti di affidabilità promuovendo,
tra l’altro, l’aggiornamento professionale. A garanzia degli utenti gli
Ordini dovranno definire i Codici deontologici, mentre il controllo disciplinare
degli iscritti sarà affidato a organismi terzi in modo da rendere
effettiva la repressione di eventuali comportamenti scorretti.
Per le professioni non protette si prevede la possibilità di
costituire associazioni, con adesione non obbligatoria, in chiave di concorrenza,
su cui il ministero competente eserciterà un’attività di
monitoraggio e vigilanza. Le associazioni potranno dare agli iscritti una
specie di marchio di qualità a vantaggio dell’utente.
La Sinistra giovanile ha commentato con delusione l’approvazione del
disegno di legge. Secondo l’organizzazione che fa capo ai democratici di
sinistra, il Governo «ha deciso di non decidere e ora rischia di
sprecare un’occasione storica per rendere il Paese più competitivo
in Europa. Siamo convinti che non sia sufficiente abolire il divieto
di pubblicità o le tariffe minime se non si scardina il ruolo pubblicistico
degli Ordini professionali, che li rende di fatto una corporazione».
A svantaggio, spiegano, delle giovani generazioni.
M.C.D.
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