Vigna: «Rompere il muro del silenzio» 

da Il Mattino del 4.7.99

Una chiazza di sangue per terra, l’hanno notata i carabinieri, una gazzella era di servizio nella zona. Da qui, da quella chiazza di sangue, sono cominciate le indagini sull’agguato. Nessun cittadino del quartiere ha dato l’allarme, si è rivolto alle forze dell’ordine per segnalare quanto stava accadendo in via Fontanelle. 
Perché in una zona come la Sanità, particolarmente esposta alla pressione della criminalità, nessuno sente il bisogno di telefonare al «113» o al «112»? Che cosa nasconde questo atteggiamento? Si tratta di omertà o di paura? Risponde Pier Luigi Vigna, procuratore nazionale antimafia: «È al tempo stesso un misto di omertà e paura. C’è, in alcune zone, quella che io chiamerei un’abitudine all’omertà, e anche una paura che viene utilizzata a volte quasi fosse una sorta di pretesto». Il numero uno della direzione nazionale antimafia lancia una sorta di appello per vincere il silenzio: «I cittadini devono rendersi conto che per rendere vivibili le loro città, e certi posti meravigliosi del nostro Mezzogiorno, bisogna anche denunciare, non solo attendere l’intervento degli investigatori». 
Pier Luigi Vigna cita un dato a lui caro per sottolineare quanto sia ancora poco diffusa la pratica della testimonianza: «Lo ripeto spesso quando incontro gli studenti e i cittadini: noi abbiamo 1050 collaboratori collaboratori di giustizia e soltanto 55 testimoni di fatti di criminalità. È un dato che andrebbe ribaltato. Senza contare che il valore della denuncia serve anche a dare un futuro diverso ai propri figli, a costruire insieme un domani migliore. È poi necessario continuare ad affermare una cultura della legalità, un discorso questo che vede protagonista la scuola, perché bisogna spiegare anche e soprattutto alle nuove generazioni quanto convenga agire e vivere nel segno della legalità».